Stop alla pubblicazione integrale dell’ordinanza di custodia cautelare: la proposta di legge dell’On. Enrico Costa (di Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

La pubblicazione integrale dell’ordinanza di custodia cautelare da parte dei mass-media rappresenta per l’opinione pubblica una sorta di sentenza anticipata.

Parte da questa constatazione il deputato Enrico Costa per proporre di limitare la pubblicazione dell’ordinanza cautelare da parte dei mezzi di informazione durante la fase delle indagini preliminari.

La proposta susciterà opinioni contrastanti: limitazione del diritto di informazione o necessaria tutela della presunzione di innocenza?

La sua pubblicazione sul sito della Camera dei Deputati è appena avvenuta e TF la mette a disposizione dei lettori (come allegato alla fine del post).

Così si legge nella relazione di accompagnamento alla proposta si legge:

Troppo spesso la custodia cautelare viene disposta con leggerezza e con finalità diverse rispetto a quelle previste dal legislatore, utilizzata come una forma mascherata di anticipazione della pena, che non si sa se e quando sarà irrogata, sia perché i processi sono lunghi sia perché, spesso, si concludono con un’assoluzione; la restrizione della libertà personale viene così fatta discendere da un atto concepito come meramente burocratico.

I titoli di giornale che raccontano l’indagine, quasi sempre sposando l’impostazione accusatoria, rappresentano spesso per l’opinione pubblica una sentenza anticipata.

In tale contesto, la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare genera un cortocircuito mediatico-giudiziario difficile da cancellare anche in caso di assoluzione.

Pertanto, si rende necessario intervenire al fine di non consentire la pubblicazione, integrale e letterale, dell’ordinanza con il quale il giudice dispone le misure cautelari fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, tornando alla normativa antecedente al decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216.

In aggiunta, si interviene per circoscrivere allo stretto necessario le informazioni, tratte dall’ordinanza cautelare, che possono essere oggetto di pubblicazione (ossia il nome e cognome del destinatario del provvedimento e i delitti per i quali si procede).

La normativa previgente garantiva infatti il giusto equilibrio tra diritto all’informazione e principio di presunzione di innocenza, non consentendo la pubblicazione integrale e letterale del provvedimento sino alla conclusione delle indagini preliminari “ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”, onde evitare che il giudice acquisisse una precognizione avrebbe dovuto pronunciarsi), in violazione del principio secondo il quale il soggetto giudicante deve acquisire informazioni nei modi e nei tempi previsti dalla legge.

L’ordinanza, infatti, è un atto non definitivo, che deve ancora essere vagliato – in caso di ricorso – dal tribunale del riesame e dalla Corte di cassazione.

Consentire la pubblicazione, integrale e letterale, di un atto giudiziario che dispone una misura privativa della libertà personale, che contiene testi di intercettazioni o di sommarie informazioni, sbilancia gravemente l’equilibrio tra diritto di cronaca e presunzione di innocenza, oggetto di un recente intervento del legislatore che, con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 188, ha accordato una serie di solide garanzie in materia.

Si tenga conto che molti casi di privazione della libertà personale sono stati poi riconosciuti come ingiuste detenzioni.

Sul punto, i dati sono impietosi: dal 1992 al 2020, 30.000 persone hanno ricevuto l’indennizzo per ingiusta detenzione, con una media di 1.000 all’anno.

La spesa che lo Stato ha dovuto sostenere ammonta a quasi 900 milioni di euro. Poiché il 77 per cento delle richieste di indennizzo vengono respinte, si può stimare che a essere privati ingiustamente della libertà personale negli ultimi trent’anni siano state quasi 100.000 persone.

Secondo i dati dell’ultima relazione al Parlamento sull’applicazione delle misure cautelari personali e sui provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione (doc. XCIV, n. 6, della XVIII legislatura), nel 2021 sono state emesse più di 24.000 misure di custodia cautelare in carcere; una misura cautelare coercitiva su tre emesse è quella carceraria (32 per cento).

Le misure cautelari custodiali (carcere, arresti domiciliari, luogo cura) costituiscono il 56 per cento circa di tutte le misure emesse; tale percentuale era stata del 64 per cento nel 2018 e del 67 per cento nel 2017; la somma di arresti domiciliari e custodia cautelare in carcere o nei luoghi di cura si è assestata negli ultimi anni tra i 45.000 e i 50.000 casi annui.

I dati dei procedimenti penali definiti nel 2020 mostrano che i casi di proscioglimento e di sospensione condizionale costituiscono circa il 19 per cento delle misure totali emesse.

Appare dunque necessario intervenire sulla disciplina in materia di custodia cautelare, affinché vengano scongiurate situazioni di abuso della privazione della libertà.

Nel dettaglio, l’articolo unico della presente proposta di legge espunge dall’articolo 114 del codice di procedura penale l’inciso “fatta eccezione per l’ordinanza indicata dall’articolo 292”, estendendo pertanto il divieto di pubblicazione integrale e testuale anche alle ordinanze con le quali vengono disposte le misure cautelari fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. La medesima disposizione interviene sull’ultimo comma dell’articolo 114, specificando che dell’ordinanza di cui trattasi, quando non più coperta da segreto, possano essere pubblicati solo il nome e cognome del destinatario del provvedimento e i delitti per i quali si procede”.