Vizio di motivazione: le indicazioni della giurisprudenza di legittimità (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 2^, sentenza n. 7295/2023 (udienza del 17 gennaio 2023) contiene spunti interessanti sull’attuale considerazione del vizio di motivazione nella giurisprudenza di legittimità.

Li si può sintetizzare nei termini che seguono.

Chi ricorre per cassazione non può sottoporre alla Corte un giudizio fattuale.

Esso, infatti, non è consentito anche dopo la modifica normativa dell’articolo 606, primo comma, lett. e), cod. proc. pen. di cui alla legge 20 febbraio 2006 n. 46 che ha lasciato inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, la quale può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.

Al giudice di legittimità resta tuttora preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre essa, anche nel quadro della nuova disciplina, è – e resta – giudice della motivazione.

Regola dell’ “al di là di ogni ragionevole dubbio” e oneri che ne derivano a carico dell’imputato che deduce vizi di motivazione

Si consideri altresì – rispetto alla previsione di cui al novellato art. 533 cod. proc. pen. – che la regola dell’ “al di là di ogni ragionevole dubbio”, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali (Cass. pen., Sez. 5^, sentenza n. 18999 del 19/02/2014 – dep. 08/05/2014 – Rv. 260409).

Specificità che derivano dall’esistenza di una “doppia conforme”

Va anche ricordato che con riguardo alla decisione in ordine a tutti i reati per i quali vi è stata condanna ci si trova dinanzi ad una c.d. “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio che si assume travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della motivazione del provvedimento di secondo grado.

Il vizio di motivazione può infatti essere fatto valere solo nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione ha riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. “doppia conforme”, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 19710/2009, Rv. 243636).

Motivazione manifestamente illogica

Il vizio in questione, rilevante in sede di legittimità, implica la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono. Inoltre, secondo le Sezioni Unite penali, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali; l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi“, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sezioni unite, sentenza n. 24 del 24.11.1999 dep. 16.12.1999 rv 214794; Sezioni unite, sentenza n. 47289 del 24/09/2003 – dep. 10/12/2003 – Rv. 226074).

Casi di saldatura tra le motivazioni delle decisioni dei gradi di merito

Da ultimo, va rimarcato che ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando il giudice del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordi nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 44418 del 16/07/2013, dep. 04/11/2013, Rv. 257595), completando il proprio ragionamento in relazione agli elementi di novità contenuti nelle censure formulate dall’appellante, non esaminate nella sentenza richiamata (Cass. pen., Sez. 2^, sentenza n. 30838 del 19/03/2013, dep. 18/07/2013, Rv. 257056).