Imputazione che contiene dichiarazioni rese dall’imputato in assenza del difensore (di Riccardo Radi)

Tutto è possibile nel mondo giustizia, anche che nell’imputazione si inseriscano le dichiarazioni dell’imputato rese senza la presenza dell’avvocato.

La questione è stata esaminata dalla cassazione sezione 1 con la sentenza numero 2156/2021 che ha affrontato il tema della nullità del decreto che dispone il giudizio contenente anche dichiarazioni dell’imputata rese in assenza del difensore.

Ad avviso della difesa, la nullità discendeva dalla violazione di norme costituzionali.

Il decreto aveva introdotto, infatti, nel fascicolo del dibattimento dichiarazioni dell’imputata che erano state assunte senza la presenza del difensore.

Ciò aveva determinato la introduzione in dibattimento di atti di indagine e prodotto il condizionamento del libero convincimento del Giudice, indicando nell’imputazione le dichiarazioni rese dall’imputata.

Decisione

La Suprema Corte ha stabilito che le nullità o l’inutilizzabilità della parte descrittiva e normativa dell’imputazione non si comunicano ipso facto all’intera contestazione o alla parte residua dell’atto, là dove essa mantenga inalterata la sua funzione e la sua caratteristica rispondendo ai requisiti di precisione, chiarezza e degli elementi che possono portare all’applicazione di misure di sicurezza. Là dove, in presenza di una nullità o di una causa di inutilizzabilità, l’imputazione resti inalterata negli elementi anzidetti mantenendo inalterata la precisione e la chiarezza non v’è dubbio che trovi applicazione la regola dell’utile per inutile non vitiatur, di guisa che il profilo invalidante parziale, interno all’atto stesso, non si espande all’intero contenuto di esso, che conserva la sua funzione e la sua caratteristica funzionale.

Il principio vale viepiù là dove non vi sia, tra gli atti processuali stessi, un rapporto di dipendenza o di successione, secondo una regola di derivazione dall’uno all’altro, in termini tali da escludere che ciascuno di essi, o quello “composto” possano sopravvivere a prescindere dalla esistenza di quello presupposto, in una logica concettuale di tipica presupposizione processuale.

Nella specie non si ravvisa alcuna “comunicazione“, poiché non si realizza un’ipotesi di derivazione o di cd. presupposizione.

L’atto viziato non è, cioè, in nesso di pregiudizialità logico-giuridica necessaria rispetto a quelli successivi.

Non ricorre, peraltro, un’ipotesi di lesione del principio del libero convincimento del giudice. Invero, i casi di condizionamento del giudice in punto processuale sono previsti espressamente dall’ordinamento e non si configurano ipotesi puramente astratte o virtuali.

La precognizione del giudice ha, infatti, rilievo nei soli casi espressamente previsti e si rinviene nelle ipotesi in cui il giudice stesso è tenuto ad astenersi o può essere ricusato, per aver compiuto atti nel processo o all’esterno, manifestando in via anticipata il suo giudizio, così esternando la compromissione della sua terzietà. Il condizionamento non può essere fondato su ipotesi aleatorie o astratte e deve fondarsi su situazioni che, in via predeterminata, diano conto della lesione del parametro anzidetto di terzietà, costituzionalmente presidiato.

Nella specie ci si trova al cospetto di un’ipotesi di inutilizzabilità parziale delle dichiarazioni rese dall’imputata in assenza del difensore, dichiarazioni inserite nell’imputazione e la cui espunzione non ha alcuna incidenza sulla contestazione restando essa inalterata nella sua cornice di struttura giuridico-fattuale.

Quelle dichiarazioni hanno una pura valenza additiva che, ferma l’inutilizzabilità intrinseca, non determinano una invalidità della contestazione, né condizionamenti del giudice, poiché non concorrono a formare il nucleo centrale di essa imputazione.

In questi casi l’inserimento di elementi nulli o inutilizzabili nell’imputazione non si estende all’intera contestazione né la inficia nella sua integralità se l’editto d’imputazione resta, per la sua precisione e chiarezza, insensibile ai detti elementi.

Essi operano, cioè, in senso orizzontale e non generano ipso iure dipendenza verso gli altri atti che seguono quello nullo o inutilizzabile o dispiegando una forza espansiva interna, tale da travolgere interamente il contenuto di esso.

L’imputazione, infatti, continua a svolgere la sua funzione, senza essere condizionata, né inficiata dalla causa invalidante.

Deriva da quanto premesso che la parziale nullità del decreto che dispone il giudizio, che riporta nell’imputazione dichiarazioni assunte senza la presenza del difensore, non si comunica ipso jure all’intero atto di impulso processuale.

Ciò a condizione, ancora, che, degli elementi anzidetti non sia operato alcun impiego, neppure indiretto e la contestazione, pur espunti quei dati, resti conforme al disposto normativo.

Quindi per la cassazione tutto a posto, noi aggiungiamo nulla in ordine pensando al pubblico ministero che ha avuto l’idea di inserire nell’imputazione le dichiarazioni dell’imputata rese nella fase delle indagini senza la presenza dell’avvocato.