Il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri officiosi ex art. 507 cpp non richiede un’espressa motivazione (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 8107/2023 ha ricordato che al riguardo della mancata attivazione da parte del giudicante dei poteri officiosi ex art 507 cpp, si tratta di un potere discrezionale assegnato al giudice di merito e il suo mancato esercizio non richiede un’espressa motivazione.

La difesa rilevava la mancata motivazione sulle ragioni che avevano indotto a respingere implicitamente la richiesta avanzata, ex art. 507 cod. proc. pen., dalla difesa, sull’audizione di testi, fondandosi l’affermazione di penale responsabilità sulla sola prova delle dichiarazioni della parte civile.

La Suprema Corte osserva che l’integrazione istruttoria e l’istanza di rinnovazione, anche parziale, del dibattimento, hanno carattere eccezionale e possono essere disposte solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere alla luce delle acquisizioni disponibili.

Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la decisione può essere sorretta anche da motivazione implicita, che trova fondamento nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, indicando la sussistenza degli elementi già sufficienti per una valutazione -in senso positivo o negativo- sulla responsabilità (sul mancato esercizio del potere ufficioso Sez. 4, n. 7948 del 03/10/2013 Ud. Dep. 2014, Rv. 259272, Sez. 1, sentenza n. 2156 del 30/09/2020 Ud. dep. 19/01/2021 Rv. 280301).