Truffa: per la configurabilità è irrilevante la negligenza e superficialità della persona offesa (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 6684 depositata il 16 febbraio 2023 ha stabilito che la negligenza e superficialità della persona offesa non escludono la configurabilità del reato di truffa, posto che “la rilevanza penale dell’accertata, fraudolenta, induzione in errore non viene meno per il solo fatto che il deceptus abbia a sua disposizione strumenti di difesa, in ipotesi non compiutamente utilizzati, poiché in siffatta situazione la responsabilità penale è sempre collegata al fatto dell’agente, ed è indipendente dalla eventuale cooperazione, più o meno colposa, della vittima negligente”.

Il principio è stato espresso da copiosa giurisprudenza di legittimità, tra le tante (cassazione Sez. 2, n. 42867 del 20/06/2017, Rv. 271241; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 51166 del 25/06/2019, Rv. 278011; Sez. 2, n. 55180 del 25/09/2018, Rv. 274299; Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Rv. 268960).

La Suprema Corte ha altresì precisato che in tema di truffa, qualora sia stato accertato il nesso di causalità tra l’artificio o il raggiro e l’altrui induzione in errore, non è necessario stabilire l’idoneità in astratto dei mezzi usati quando in concreto essi si siano dimostrati idonei a trarre in errore né vale ad escludere il delitto l’eventuale difetto di diligenza della persona offesa.

Deve ritenersi che nel reato di truffa l’idoneità del raggiro o dell’artificio, dimostrata dall’effetto raggiunto non può escludersi se pure sia provato che il soggetto indotto in errore abbia sospettato il raggiro o l’artificio stesso, rimanendo, dunque, irrilevante il dubbio serbato dalla persona offesa.

La legge non esige, ai fini della configurabilità del delitto di truffa, che gli artifici o raggiri posti in essere l’agente siano in astratto e generalmente idonei a sorprendere l’altrui buona fede ma si richiede che lo siano in concreto cioè in rapporto alla particolarità del fatto ed alle modalità di esecuzione, per cui una volta che gli artifici o raggiri siano posti in essere è sufficiente, per l’esistenza del reato, accertare che l’errore in cui si è caduta la vittima sia stato conseguenza di detti artifici o raggiri.

Non appare, quindi, condivisibile la tesi, sia pure sostenuta da certa dottrina, secondo cui non potrebbe ritenersi sussistente il delitto di truffa in tutte quelle situazioni in cui la presunta condotta truffaldina risulti accompagnata da una congerie elementi in grado di instillare un concreto dubbio della presunta vittima tale da indurla ad attivarsi per la puntuale verifica delle situazioni prospettate; basta solamente accertare, ai fini della configurabilità del resto, la concreta induzione in errore della vittima a seguito degli artifici o raggiri a nulla rilevando la eventuale ignoranza o leggerezza della vittima ovvero la sussistenza di una condotta grossolanamente fraudolenta.