Qualsiasi documento con valore probatorio fiscale, se riferito a operazioni inesistenti, dà vita al reato ex art. 8 d.lgs. 74/2000 (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 5247/2023 (udienza del 9 gennaio 2023), chiarisce i confini applicativi dell’art. 8, d. lgs. 74/2000 che punisce l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Il collegio di legittimità, a fronte di uno specifico motivo ricorso della difesa, peraltro inammissibile perché dedotto per la prima volta con i motivi nuovi, ha ritenuto che il reato in questione sussiste, secondo il chiaro tenore letterale della fattispecie incriminatrice, non solo nel caso di emissione di fatture ma anche di altri documenti relativi ad operazioni inesistenti.

Ai sensi dell’art. 1, lett. a), d. lgs. n. 74/ 2000 per «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

Così come osservato da Cass. pen., Sez. 3^, n. 5642 del 02/12/2011, dep. 2012, Rv. 252121 – 01, in tema di reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, rientrano nella nozione di documenti quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture, tra cui le ricevute fiscali e simili nonché quei documenti da cui risultino spese deducibili dall’imposta, come, per esempio, le ricevute per spese mediche o per interessi sui mutui e le schede carburanti.