L’accertamento peritale è una prova “neutra” e non rientra tra le prove a discarico ex art. 495 comma 2 c.p.p. (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 4344 depositata l’1° febbraio 2023 ha esaminato la questione della mancata effettuazione di un accertamento peritale richiesto dalla difesa ed oggetto di ricorso in cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., (mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta …).

La Suprema Corte ha chiarito che la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attraverso il richiamo all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936 – 01), in quanto il provvedimento di diniego non è censurabile in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, come nel caso in esame, è insindacabile in cassazione (Sez. 2, Sentenza n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815 – 01; conf. n. 13086 del 1998 rv. 212187 – 01, n. 14130 del 2007 rv. 236191 – 01, n. 43526 del 2012 rv. 253707 – 01, n. 7444 del 2013 rv. 255152 – 01).

Tuttavia nel caso esaminato la Cassazione rileva che spetterà “alla Corte territoriale, alla luce della fondatezza del primo motivo — per la quale dovrà operare il confronto critico fra le risultanze di tutti gli elementi di prova acquisiti, senza trascurare quelli più favorevoli all’imputato — valutare se espletare o meno gli accertamenti istruttori ulteriori, a cominciare dalla perizia e dal nuovo esame dei testimoni escussi in primo grado, se del caso doveroso ai sensi dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., al fine di poter offrire una valutazione, se del caso, maggiormente persuasiva di quella di primo grado”.

Il caso esaminato verteva sull’autenticità di un’onorificenza asseritamente assegnata ad un capitano degli Alpini appartenente alla Brigata Iulia, impegnato nella operazione Enduring Freedom in Afghanistan in supporto all’esercito americano.

Costui dichiarava di averla ricevuta dal Department of the Army degli Stati Uniti d’America per l’attività svolta nel corso di tale missione all’estero e presentava al Comando di Brigata richiesta di riconoscimento dell’onorificenza straniera come previsto dalla normativa interna.

Questa è la vicenda nella quale si inserisce l’imputazione di falso.