Condizione di inferiorità psichica o fisica procurata dall’assunzione di alcolici o stupefacenti: rileva a prescindere dalla volontarietà o meno della assunzione (di Riccardo Radi)

In tema di violenza sessuale tra le “condizioni di inferiorità psichica o fisica“, previste dall’art. 609-bis, comma 2, n. 1, c.p., rientrano anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente.  (Cass. Pen., sez. III, sent. 23 marzo – 11 maggio 2022, n. 18522).

La Corte di merito ha ritenuto sussistente l’aggravante evidenziando, quali elementi di fatto che avevano favorito l’azione degli aggressori, l’ora notturna e il luogo isolato, alla luce della condizione di alterazione psichica della ragazza determinata dalla volontaria assunzione di bevande alcoliche. E’ vero che lo stato di alterazione alcolica della persona offesa costituisce elemento costitutivo del contestato reato di violenza sessuale di gruppo.

Va ricordato, infatti, che la condotta tipica della violenza sessuale di gruppo è integrata, secondo la previsione legislativa contenuta nell’art. 609-octies, comma 1, dalla “partecipazione di più persone riunite ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis“.

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, 3 giugno 1999, n. 11541, Rv 215149; Sez. 3, n. 11560 del 11/03/2010, Rv. 246448 – 01) l’art. 609-octies c.p., nell’individuazione della condotta punibile, si riferisce espressamente a tutti gli atti di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p., e, quindi, non solo alle ipotesi previste dal comma 1, commesse mediante violenza o minaccia o abuso di autorità, ma anche alle ipotesi previste dal comma 2, di detta norma tra cui – ipotesi che qui rileva la violenza compiuta abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto.

E la situazione di approfittamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche da parte della vittima, avvenuta per libera iniziativa della stessa, e comunque per causa non imputabile all’agente, è ritenuta idonea ad integrare il reato di violenza sessuale.

Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza della cassazione, tra le “condizioni di inferiorità psichica o fisica“, previste dall’art. 609-bis c.p., comma 2, n. 1, rientrano anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente (Sez. 3, n. 8981 del 05/12/2019, dep. 05/03/2020, Rv. 278401 – 01; Sez. 3, n. 16046 del 13/02/2018, Rv. 273056 – 01; Sez. 3, n. 45589 del 11/01/2017, Rv. 271017 – 01; Sez. 3, n. 39800 del 21/06/2016, Rv. 267757 – 01).

Non rileva, quindi, l’eventuale consenso prestato dalla vittima, giacché esso è viziato ab origine dalla condizione di menomazione della stessa, ma rileva la consapevolezza dell’agente della situazione di inferiorità psichica in cui versi la persona offesa e il fatto che, in ragione di tale situazione la medesima non possa esprimere un valido consenso in forza delle condizioni in cui si trovi, situazione che l’autore del fatto sfrutta per accedere alla sfera sessuale della vittima.

Lo stato di minorazione fisica o psichica della vittima, dunque, non può rilevare contemporaneamente come elemento costitutivo del reato e come circostanza aggravante dello stesso, in palese violazione del principio generale dettato dall’art. 61 c.p., comma 1, in tema di aggravanti comuni.

Nella specie, però, la circostanza aggravante in questione è stata contestata con riferimento al fatto che la vittima era stata trascinata in piena notte in luogo isolato e nascosto e la Corte di merito ha dato rilievo preponderante a tali circostanze di tempo e di luogo; è stato, infatti, accertato dai Giudici di merito che le condotte illecite venivano poste in essere in tempo di notte e in un’area della discoteca (locale caldaia) interdetta al pubblico e situata in un luogo appartato della struttura; tali circostanze, alla luce della condizione di alterazione psichica della ragazza (incapace di opporre resistenza agli aggressori e di chiedere aiuto), sono state ritenute elementi che avevano concretamente favorito e facilitato l’azione degli aggressori.