Indagato/imputato e l’obbligo di fornire i recapiti telefonici o telematici di cui ha la disponibilità (di Riccardo Radi)

La legge delega in tema di notificazioni alla riforma Cartabia prevedeva: “che l’imputato non detenuto o internato abbia l’obbligo, fin dal primo contatto con l’autorità procedente, di indicare anche i recapiti telefonici e telematici di cui ha la disponibilità”.

La previsione è stata recepita dall’articolo 349 cpp che è stato così modificato “all’art. 349, comma 3, cod. proc. pen., norma che, in ossequio a quanto prescritto dall’art. 1, comma 6, lett. a), prima parte, della legge delega”, è stato riscritto prevedendo che “Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell’articolo 161 nonché ad indicare il recapito della casa di abitazione, del luogo in cui esercita abitualmente l’attività lavorativa e dei luoghi in cui ha temporanea dimora o domicilio, oltre che ad indicare i recapiti telefonici o gli indirizzi di posta elettronica nella sua disponibilità. Osserva inoltre le disposizioni dell’articolo 66”.

Si osserva che la mancata previsione di sanzioni per l’ipotesi in cui l’indagato/imputato decida di non fornire alcuna collaborazione e, dunque, di non indicare alcun proprio recapito, lascia intendere che la nuova disposizione è inevitabilmente destinata a rimanere “lettera morta” nei confronti degli indagati o imputati più smaliziati.

Quelle descritte dall’art. 349, comma 3, cod. proc. pen. sono mere indicazioni aggiuntive, che vengono acquisite dall’indagato su base volontaria, al fine di agevolarne il rintraccio in caso di urgenza, ovvero al fine di agevolare le sue interlocuzioni con il difensore, ovvero ancora al fine di informarlo dell’avvenuta notifica dell’atto ad altro soggetto (ad es. familiare convivente) diverso dal domiciliatario e dal difensore.

In proposito troviamo il nuovo art. 63-bis disp. att. cod. proc. pen. che recita: “Comunicazione di cortesia.

1. Fuori del caso di notificazione al difensore o al domiciliatario, quando la relazione della notificazione alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato attesta l’avvenuta consegna dell’atto a persona fisica diversa dal destinatario, la cancelleria o la segreteria dà avviso di cortesia al destinatario dell’avvenuta notifica dell’atto tramite comunicazione al recapito telefonico o all’indirizzo di posta elettronica dallo stesso indicato ai sensi dell’articolo 349, comma 3, del codice, annotandone l’esito”.

Quindi, l’articolo 63-bis disposizione attuazione c.p.p. introduce la “Comunicazione di cortesia” prevedendo che la cancelleria o la segreteria, in tutti i casi in la notificazione alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato (fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario) attesta l’avvenuta consegna dell’atto a persona fisica diversa dal destinatario, dà avviso di cortesia al destinatario dell’avvenuta notifica dell’atto tramite comunicazione al recapito telefonico o all’indirizzo di posta elettronica dallo stesso indicato ai sensi dell’articolo 349, comma 3, del codice.

Il tutto subordinato alla “collaborazione” della persona indagata/imputata nel fornire spontaneamente i propri recapiti telefonici o telematici, alla fine della fiera rimane da chiedersi ma chi ha congegnato le due norme ha mai calcato le aule dei tribunali?

La norma troverà applicazione raramente e solo nei confronti di alcuni sprovveduti e di fatto non agevolerà le notifiche.