Testimonianze videoregistrate: altra occasione persa (di Riccardo Radi)

La “Riforma” Cartabia in tema di documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni nella fase delle indagini ha partorito un topolino.

Inizialmente la prima versione prevedeva la registrazione generalizzata delle “sit” (finalmente si sarebbe garantita la trasparenza), poi l’amara sorpresa.

L’articolo 391-ter c.p.p., documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni, è stato modificato nel seguente modo:

3-bis. Le informazioni di cui al comma 3 sono documentate anche mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione.

3-ter. Le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto.

3-quater. La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica di cui ai commi

3-bis e 3-ter è disposta solo se assolutamente indispensabile”.

Le novità inserite nell’ art. 391-ter c.p.p., riguardano anche le dichiarazioni rese al difensore nell’ambito delle indagini difensive che devono essere audioregistrate, salva la contingente indisponibilità di strumenti idonei.

Nel caso di dichiarazioni rese da:

1. minorenne;

2. infermo di mente;

3. soggetto in condizioni di particolare vulnerabilità; le dichiarazioni devono essere audio o videoregistrate, salvo che la strumentazione non sia disponibile e vi sia l’urgenza di assumere comunque la deposizione.

La violazione è priva di sanzione nel caso ordinario ed è invece sanzionata con l’inutilizzabilità dell’atto nel caso di minori, infermi di mente o soggetti vulnerabili.

La trascrizione delle registrazioni è disposta solo se assolutamente indispensabile.

Le premesse erano diverse ed è demoralizzante constatare che quanto all’assunzione delle informazioni da parte della polizia giudiziaria, del pubblico ministero e del difensore, la forma più garantita è stata prescritta, a pena di inutilizzabilità, nei soli casi di ascolto di persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità (come è noto, in tali casi è particolarmente opportuno che rimanga traccia anche dei tratti non verbali della comunicazione), salvo che particolari ragioni di urgenza impongano di procedere immediatamente all’atto, pur nella contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione.

Negli altri casi, la riproduzione fonografica è stata prevista – salva la contingente indisponibilità della necessaria strumentazione tecnica – in tutti i casi di indagini difensive, e, per le informazioni assunte dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, nell’ambito di un procedimento iscritto per uno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., ovvero nei confronti di persona informata sui fatti che ne faccia richiesta.

A tal fine, sono stati modificati gli artt. 351 e 362 cod. proc. pen., onerando la polizia giudiziaria ed il pubblico ministero di avvisare la persona che si sta per escutere del diritto di ottenere, a sua richiesta, la documentazione fonografica dell’audizione, salva – come detto – l’indisponibilità della necessaria strumentazione, al fine di evitare un incontrollato incremento dei costi, si è previsto che alla registrazione non debba far seguito la trascrizione, a meno che non risulti assolutamente indispensabile, e che essa possa essere  effettuata anche dalla polizia giudiziaria, senza necessità di disporre consulenza tecnica.

Si è osservato in dottrina che l’interesse alla genuinità della documentazione avrebbe potuto essere perseguito con maggiore risolutezza, così da assicurare in ogni caso la piena trasparenza dell’atto di indagine, consentendo di avere a disposizione l’integrale narrazione del soggetto escusso, di analizzare il contesto complessivo dell’esame, di avere diretta contezza delle forme non verbali di comunicazione e delle eventuali “sollecitazioni” investigative, così apprezzando il reale valore del contributo dichiarativo, senza il filtro della verbalizzazione, che è per sua natura manipolativa: per questo, sono state espresse argomentate riserve sulle “scelte al ribasso” del legislatore, che ha previsto l’obbligo documentativo solo per una limitata serie di reati (pur non sussistendo evidenti nessi tra l’interesse alla genuinità della documentazione e la gravità del reato in contestazione), ha attribuito rilievo alla volontà della persona ascoltata (pur trattandosi di soggetto quasi sempre del tutto disinteressato all’esito del procedimento nel cui ambito viene escusso), ed ha previsto una deroga alla regola generale in caso di contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione (gli oramai modesti costi e la facile disponibilità sul mercato di detti strumenti escludono, invero, che una detta indisponibilità possa mai davvero verificarsi); e ciò a tacere del fatto che le nuove previsioni potrebbero essere depotenziate dall’assenza di sanzioni, previste, peraltro entro il discutibile limite della disponibilità delle tecnologie, nel solo caso del dichiarante fragile.

Come osservato da un collega molto più bravo di me, l’avvocato Renato Borzone: “il testo finale prevede di subordinare tale incombente alla “disponibilità” di apparecchi di registrazione: come a dire, licenza di interrogare come prima in caserme e commissariati.

Basta dare atto che tale disponibilità non v’é, e chi mai oserebbe provare il contrario?

In un mondo in cui registrazioni e video registrazioni si fanno persino con un telefono cellulare…

Ancora una volta: il fine (asseritamente meritevole) giustifica il mezzo, diretto a verbalizzazioni ambigue e di comodo, buone per essere usate come “contestazioni” in dibattimento.

Quando l’avvocatura avvierà una campagna per l’obbligo inderogabile di registrazione, come peraltro a suo tempo era stato proposto, nel silenzio, da una delle poche camere penali “pensanti”, quella di Livorno?”.

All’interrogativo per adesso non c’è risposta perché nell’ambito dell’avvocatura il confronto è oramai visto con fastidio e chi dissente è indicato come polemico se non come eretico perché non segue l’ortodossia dominante del “volemose bene”.