
La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 345 depositata il 9 gennaio 2023 ha ribadito quali sono i compiti del giudice chiamato a verificare la legittimità dell’intervento precautelare.
La Suprema Corte ha stabilito che secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, in sede di convalida dell’arresto, il giudice – oltre a verificare l’obbiettiva osservanza dei limiti temporali e delle altre formalità fissate dagli artt. 386, comma 3, e 390, comma 1, cod. proc. pen., per la trasmissione degli atti da parte della P. G. alla Autorità giudiziaria e per la successiva formulazione da parte del Pm della richiesta al Gip della convalida della misura precautelare – deve, altresì, verificare la sussistenza dei presupposti di carattere sostanziale che, in caso positivo, hanno legittimato l’eseguito arresto; egli dovrà, pertanto, controllare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un vaglio di ragionevolezza, in relazione alla sorpresa dell’arrestato nello stato della flagranza (ovvero della cosiddetta “quasi flagranza”) di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen.
La chiave di effettuazione di siffatta verifica non dovrà essere costituita né dalla sussistenza di un quadro di gravità indiziaria a carico dell’arrestato né dalla ipotizzabilità delle specifiche esigenze cautelari elencate dall’art. 274 cod. proc. pen., essendo questi elementi destinati ad essere scrutinati nella, eventuale e successiva, fase di deliberazione della adozione di una vera e propria misura cautelare a carico dell’arrestato, né, tantomeno, dall’apprezzamento degli elementi dimostrativi della eventuale responsabilità del soggetto in ordine all’ipotizzato reato, fattori questi la cui sede propria di valutazione è indubbiamente costituita dalla fase di merito del giudizio (Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 febbraio 2018, n. 8422; Sezione VI penale, 24 febbraio 2015, n. 8341).

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