Ammissione patrocinio a spese dello Stato: carichi pendenti e presunzione d’innocenza (di Riccardo Radi)

La presunzione d’innocenza deve essere considerata in tema di ammissione al gratuito patrocinio in relazione ai carichi pendenti che non possono essere ostativi all’ammissione.

La cassazione sezione 4 con la sentenza numero 37196/2022 ha stabilito che: “In tema di patrocinio dei non abbienti, è illegittimo il diniego del beneficio fondato su una condanna non definitiva dalla quale possa inferirsi l’esistenza di redditi illeciti”.

Fatto

B.O., a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Brindisi che ha rigettato l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 99 d.P.R. 115/2002 avverso il provvedimento di rigetto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato emesso dal G.i.p. del Tribunale di Brindisi.

Il Tribunale, condividendo le argomentazioni espresse nel provvedimento di diniego opposto, ha ritenuto, in base ai carichi pendenti, alle risultanze del casellario giudiziale ed al reddito dichiarato (pari ad euro 3551,88), che il ricorrente non versasse nelle condizioni previste per l’ammissione al beneficio, essendo tale reddito del tutto inidoneo al sostentamento del nucleo familiare del richiedente (composto di tre persone)

Decisione

La Suprema Corte ha in primis rilevato che è errata la presunzione del richiamo ai carichi pendenti per negare l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

La Corte ha richiamato il principio della presunzione d’innocenza in base al quale non può argomentarsi la non accoglibilità della richiesta sulla base di condanne non definitive riportate nel certificato dei carichi pendenti, stante, fino alla condanna definitiva, la presunzione d’innocenza dell’imputato cfr. Sez. 4, n. 18591 del 20/02/2013, Rv. 255228, così massimata: “In tema di patrocinio dei non abbienti, è illegittimo il diniego del beneficio fondato su una condanna non definitiva dalla quale possa inferirsi l’esistenza di redditi illeciti”.

In quanto ai fini dell’indagine sui redditi – che non può avvalersi di automatismi e richiede la disamina della fattispecie concreta – nessun rilievo può attribuirsi a sentenze non irrevocabili, pena il “vulnus” della presunzione di innocenza.

Nella specie il richiedente era stato condannato in primo grado per il reato di rapina da cui aveva tratto un profitto illecito di 27.500 euro e la sentenza non era ancora divenuta definitiva.

L’ulteriore richiamo alle “risultanze del casellario giudiziale” contenuto in motivazione è del tutto generico.

Il Tribunale nulla dice sulla natura dei precedenti penali annoverati dal ricorrente e sulla loro incidenza sulla formazione del convincimento della percezione di redditi illeciti (cfr. Sez. 4, n. 15338 del 30/01/2020, Rv. 278867:”In tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il mero riferimento alla sussistenza di numerosi precedenti penali contro il patrimonio non consente di fondare la presunzione di non meritevolezza del beneficio, ma è necessario che il giudice espliciti le ragioni per le quali l’istante debba ritenersi percettore di redditi, seppur non dichiarati e di provenienza illecita, attraverso il confronto tra il tenore di vita dello stesso e le dichiarazioni fiscali“.

A questo proposito, perché gli indizi possano assurgere in subiecta materia al rango di prova presuntiva, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., debbono valutarsi con rigore i fatti noti dai quali risalire, con deduzioni logiche, ai fatti ignoti, il cui significato deve essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (cfr. Sez. 4, n. 25044 del 11/04/2007, Rv. 237008; Sez. 4, n. 26056 del 24/07/2020, Rv. 280011).

Deve anche evidenziarsi come la normativa vigente offra all’autorità giudiziaria procedente strumenti idonei per verificare le effettive condizioni reddituali, patrimoniali e familiari dell’interessato.

Ciò non solo successivamente al provvedimento di ammissione, attraverso le verifiche di cui all’art. 98 d.P.R. 115/2002 demandate all’Ufficio finanziario competente per territorio, ma anche “prima di provvedere”, esercitando la facoltà conferita al giudicante dall’art. 96, comma 2, dello stesso d.P.R., che prevede la possibilità di trasmettere l’istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di Finanza, per le necessarie verifiche.

Da quanto precede deriva l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Presidente del Tribunale di Brindisi.