La nozione di delitti contro la pubblica incolumità nella giurisprudenza di legittimità (Vincenzo Giglio)

Una recente decisione della Suprema Corte, precisamente Sez. 4^, sentenza n. 39127/2022, udienza del 14 luglio 2022, offre utili chiarimenti sulla nozione di delitti contro l’incolumità pubblica.

Il tema, come ben si comprende, è di stretta attualità in conseguenza dell’innesto nel Libro II, Titolo VI del codice penale, che raggruppa appunto i delitti di quel genere,  del nuovo reato previsto dall’art. 434-bis e denominato “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Il collegio della quarta sezione penale chiarisce anzitutto che i delitti di comune pericolo attengono a “fatti che, in base alla comune esperienza, comportano tipicamente un pericolo o danno di potenza espansiva o diffusività tale da minacciare un numero indeterminato di persone non preventivamente individuabile”.

Lo scopo di queste fattispecie è “la salvaguardia delle persone in un momento antecedente all’effettivo verificarsi del pericolo o del danno anticipando, in tal modo, la tutela penale: la risposta sanzionatoria, infatti, interviene in presenza di fatti di comune pericolo caratterizzati da una particolare potenza espansiva senza che, tuttavia, sia necessario il concreto verificarsi dell’evento dannoso”.

Il bene giuridico tutelato, identificabile nell’incolumità pubblica, “abbraccia la vita, l’integrità fisica e la salute delle persone e che viene in rilievo come bene di rilevanza super-individuale o collettiva essendo ogni individuo protetto quale membro indifferenziato della collettività”.

Questa loro caratteristica consente di cogliere la loro differenza rispetto agli eventi disastrosi.

Come ha precisato infatti Cass. pen., Sez. 3^, sentenza n. 28801/2022, nei delitti contro la pubblica incolumità “si fa esclusivo riferimento ad eventi tali da porre in pericolo la vita e l’integrità fisica delle persone ed il danno alle cose viene preso in considerazione solo nel caso in cui sia tale da produrre quelle conseguenze, tanto che la scelta del termine “incolumità”, come ricorda la relazione ministeriale al progetto del codice penale, non è affatto casuale” mentre un delitto come il disastro ambientale può verificarsi anche senza danno o pericolo per le persone, evenienza che viene chiaramente presa in considerazione quale estensione degli effetti dell’alterazione dell’ecosistema.

Discende da questa differenza che nei delitti in esame “il danno o il pericolo alle cose viene in considerazione soltanto qualora possa derivarne un rischio a carico di esseri umani”.

Nella stessa scia si pone Cass. pen., Sez. 1^, sentenza n. 44528/2019, secondo la quale “In tema di offesa alla pubblica incolumità la giurisprudenza di legittimità, in linea con le affermazioni del giudice delle leggi, ha individuato tale bene nella tutela della vita e dell’incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, dal momento che il pericolo da esso cagionato deve essere caratterizzato dalla potenzialità di diffondersi ampiamente nello spazio circostante la zona interessata dall’evento […] è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone e che l’eccezionalità della dimensione dell’evento desti un esteso senso di allarme”.

Altri utili chiarimenti sulla valenza sistematica dei reati contro l’incolumità pubblica, e in particolare dei delitti dolosi di comune pericolo mediante violenza arrivano da Cass. pen., Sez. 4^ , sentenza n. 22671/2014 in cui si legge che “Attraverso le fattispecie collocate nel titolo sesto del codice penale, relativo ai reati contro l’incolumità pubblica, al cui interno trovano collocazione, per quello che qui interessa, il capo primo dedicato ai delitti dolosi di comune pericolo mediante violenza ed il capo terzo dedicato ai delitti colposi di comune pericolo, il codificatore ha inteso proteggere la sfera superindividuale di beni primari quali la vita, l’integrità fisica, la salute.

La tecnica di conformazione delle incriminazioni è assai variegata e frutto di precise e tecnicamente dosate scelte di politica criminale. 

Per quel che qui interessa, è possibile partire dalla considerazione che il nucleo centrale di tale categoria di illeciti è costituita, nell’ambito dei reati dolosi di cui al primo capo, dalle fattispecie di disastro, ordinariamente configurate come reati di pericolo astratto. Vi compare un definito evento, contrassegnato da tipica pericolosità in relazione ai beni primari cautelati: un evento di pericolo, appunto.

Si tratta di figure nelle quali non è affidata al giudice la concreta valutazione ex post della pericolosità della condotta, ma è la norma che descrive alcune situazioni tipicamente caratterizzate, nella comune esperienza, per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all’incolumità personale. 

Si tratta di reati come l’incendio, l’inondazione, la frana, la valanga, il disastro ferroviario, il naufragio.

L’evocazione di tali drammatiche contingenze tipiche, storicamente ben note alla legislazione penale, chiama in causa l’idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo. Si è infatti in presenza di eventi dotati di forza dirompente e quindi in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile.

Rispetto a tali eventi, non è richiesta l’analisi a posteriori di specifici decorsi causali che è invece propria degli illeciti che coinvolgono una o più persone determinate.

Al contrario, ciò che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la tipica, qualificata possibilità che le persone si trovino coinvolte nella sfera d’azione dell’evento disastroso descritto dalla fattispecie, esposte alla sua forza distruttiva. 

Di qui l’idea di indeterminatezza. La struttura delle fattispecie è normalmente astratta; sicché al giudice è solo richiesto di verificare l’esistenza di un fatto conforme al modello tipico. Per tale ragione, i reati in questione mostrano un rapporto di tensione con il principio costituzionale di offensività: non può infatti escludersi l’eventualità che l’evento di pericolo conforme al tipo non rechi con sé una concreta misura di possibile pregiudizio per i beni cautelati. Tale pericolo può essere arginato da un lato in via interpretativa, conferendo alle sintetiche espressioni utilizzate dal codificatore per descrivere gli eventi in questione un significato che esprima, appunto, l’idea di accadimenti macroscopici, dirompenti e quindi potenzialmente lesivi nella dimensione indeterminata e superindividuale cui si è già sopra fatto cenno; dall’altro, nella fase giudiziale, accertando che il caso concreto presenti le caratteristiche di tipica offensività insite nella fattispecie astratta”.

Questa piccola ma significativa selezione giurisprudenziale dovrebbe bastare per la messa a fuoco del concetto di incolumità pubblica e di condotte idonee a pregiudicarla.

La selezione delle fattispecie incriminatrici richiede anzitutto “precise e tecnicamente dosate scelte di politica criminale”.

Occorre poi “un definito evento, contrassegnato da tipica pericolosità in relazione ai beni primari cautelati: un evento di pericolo, appunto”.

I reati che già fanno parte dell’elenco – si pensi all’incendio, l’inondazione, la frana, la valanga, il disastro ferroviario, il naufragio – evocano “drammatiche contingenze tipiche, storicamente ben note alla legislazione penale, [le quali chiamano] in causa l’idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo” e in ognuna delle quali si è in presenza di “eventi dotati di forza dirompente e quindi in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile”.

Questa è la cornice, secondo la più aggiornata giurisprudenza di legittimità, e si fa davvero fatica farvi rientrare l’invasione di terreni o edifici per tenerci un raduno.