
Nel corso dei giudizi direttissimi avanti al Tribunale monocratico di Roma, spesso accade che il giudicante precluda la richiesta di rinvio per termini a difesa sostenendo che nel caso di “concessione” sarebbero preclusi i riti alternativi.
In merito si richiama l’articolo 451 comma 6 c.p.p. senza considerare che la convalida dell’arresto e il giudizio direttissimo avanti il tribunale monocratico è regolato dall’articolo 558 cpp.
La “prassi” sta trovando sempre più adepti e deve essere contrastata in maniera ferma e risoluta da parte degli avvocati, in primo luogo la richiesta di termini a difesa non è una concessione ma una facoltà e un diritto dell’imputato.
La linea interpretativa dei giudici che ritengono che la richiesta di termini a difesa precluda l’accesso ai riti alternativi è errata e il richiamo delle sentenze della cassazione in particolare (le numero 9567/2021 sezione 5, 25153/2018 sezione 1), da parte dei giudicanti, è fuorviante perché le sentenze citate si riferiscono all’articolo 451 comma 6 del c.p.p. che non trova applicazione nel rito direttissimo nel giudizio monocratico regolato dall’articolo 558 comma 7 c.p.p.
Per comodità riportiamo le due norme richiamate:
Art. 451 – Svolgimento del giudizio direttissimo
1. Nel corso del giudizio direttissimo si osservano le disposizioni degli articoli 470 e seguenti.
2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente da un ufficiale giudiziario o da un agente di polizia giudiziaria.
3. Il pubblico ministero, l’imputato e la parte civile possono presentare nel dibattimento testimoni senza citazione.
4. Il pubblico ministero, fuori del caso previsto dall’articolo 450 comma 2, contesta l’imputazione all’imputato presente.
5. Il presidente avvisa l’imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444.
6. L’imputato è altresì avvisato della facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a dieci giorni. Quando l’imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine.
Art. 558 – Convalida dell’arresto e giudizio direttissimo
1. Gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l’arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. In tal caso citano anche oralmente la persona offesa e i testimoni e avvisano il difensore di fiducia o, in mancanza, quello designato di ufficio a norma dell’articolo 97, comma 3.
2. Quando il giudice non tiene udienza, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato gliene danno immediata notizia e presentano l’arrestato all’udienza che il giudice fissa entro quarantotto ore dall’arresto. Non si applica la disposizione prevista dall’articolo 386, comma 4.
3. Il giudice al quale viene presentato l’arrestato autorizza l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria a una relazione orale e quindi sente l’arrestato per la convalida dell’arresto.
4. Se il pubblico ministero ordina che l’arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione, lo può presentare direttamente all’udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall’arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell’art. 391, in quanto compatibili.
4-bis. Salvo quanto previsto dal comma 4-ter, nei casi di cui ai commi 2 e 4 il pubblico ministero dispone che l’arrestato sia custodito in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell’articolo 284. In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali luoghi, o quando essi sono ubicati fuori dal circondario in cui è stato eseguito l’arresto, o in caso di pericolosità dell’arrestato, il pubblico ministero dispone che sia custodito presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato. In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali strutture, o se ricorrono altre specifiche ragioni di necessità o di urgenza, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato sia condotto nella casa circondariale del luogo dove l’arresto è stato eseguito ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale vicina.
4-ter. Nei casi previsti dall’articolo 380, comma 2, lettere e-bis) ed f), il pubblico ministero dispone che l’arrestato sia custodito presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato. Si applica la disposizione di cui al comma 4-bis, terzo periodo.
5. Se l’arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l’imputato e il pubblico ministero vi consentono.
6. Se l’arresto è convalidato a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente al giudizio.
7. L’imputato ha facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a cinque giorni. Quando l’imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine.
8. Subito dopo l’udienza di convalida, l’imputato può formulare richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta. In tal caso il giudizio si svolge davanti allo stesso giudice del dibattimento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 452, comma 2.
9. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo nei casi previsti dall’articolo 449, commi 4 e 5.
Segnalo che il 28 ottobre ultimo scorso mi sono trovato in direttissima a discutere della questione davanti a un magistrato che aderisce alla linea di non concedere il termine a difesa a meno che si rinunci ai riti alternativi.
Dopo aver esposto le mie argomentazioni e richiamandolo al suo ruolo di esegeta della norma ma soprattutto confrontandoci serenamente sulle norme e sulla giurisprudenza richiamata il giudice si è ricreduto concedendo il termine e subito dopo incardinando il giudizio abbreviato che discuteremo il prossimo 25 novembre.
In merito ai modi della richiesta di termini a difesa, la cassazione sezione 7 con la sentenza numero 15183/2020 scandisce i tempi:”la parte era presente all’udienza disposta per il rito direttissimo, in cui il ricorrente venne avvisato delle facoltà di cui all’art. 558 commi 7 e 8 cod. proc. pen., e, chiesto il termine a difesa, alla successiva udienza del 15/02/2019 ‘le parti chiesero applicarsi la pena concordata’, come risulta dal contenuto del provvedimento decisorio”.
Appare di tutta evidenza che la facoltà dell’imputato di richiedere un termine non “superiore a cinque giorni” per “preparare la difesa” è un diritto esercitabile senza alcun condizionamento o limitazione.
Pertanto si consiglia ai colleghi di seguire questo semplice scadenzario di tempi:
in caso di convalida dell’arresto in via preliminare richiedere e far verbalizzare la richiesta di termini a difesa ai sensi dell’articolo 558 comma 7 c.p.p.
In caso di rifiuto da parte del giudicante di concessione del termine, procedere alla eccezione di nullità dell’ordinanza per il mancato rispetto dell’articolo 558 comma 7 c.p.p.
Sul punto la recente cassazione sezione 5 n. 8951 depositata il 16 marzo 2022 è chiara:
L’art. 558, comma 7, cod. proc. pen., il cui disposto si assume violato, consente all’imputato di richiedere – dopo l’avvenuta convalida dell’arresto e l’instaurazione del giudizio direttissimo (in applicazione del precedente comma 6, o, in caso di mancata convalida dell’arresto a norma del comma 5) – un termine a difesa per un tempo non superiore a giorni cinque.
Termine che deve essere concesso dal giudice che deve pertanto disporre il rinvio del processo ad altra udienza, altrimenti incorrendo in un’ipotesi di nullità, generale e a regime intermedio, riguardando la stessa non l’assenza del difensore in giudizio ma l’assistenza nel medesimo dell’imputato (così: Sez. 1, n. 13401 del 05/02/2020, Garrach, Rv. 278823; Sez. 5, n. 20475 del 14/02/2002, Avini, Rv. 221905; Sez. 5, n. 19524 del 02/04/2007, Rv. 236643; Sez. 1, n. 11030 del 25/02/2010, Del Gaudio, Rv. 246777).
Ne deriva che la nullità doveva essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., dal difensore presente in udienza – e, quindi, immediatamente dopo il compimento dell’atto in cui si sarebbe negato il termine – e non poteva essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione (nel medesimo senso si leggano le sentenze sopra citate).
Ed, invece, dalla lettura del verbale di udienza allegato al ricorso, risulta evidente come il difensore presente non abbia sollevato, in tale sede, eccezione alcuna.
Peraltro l’eccezione di nullità, per la mancata concessione del termine a difesa, risulta anche infondata in fatto.
Il giudice del rito direttissimo, infatti, non aveva rigettato l’istanza ma si era riservato di decidere. Subito dopo però – si legge nel verbale d’udienza – “l’imputato, unitamente al difensore, formula richiesta di giudizio abbreviato” così che “il giudice dispone procedersi con tale rito”.
È allora evidente come il difensore, e l’imputato, non abbiano affatto atteso che il giudice sciogliesse la riserva, sulla concessione dell’invocato termine a difesa, ma abbiano, invece, immediatamente dopo la declaratoria di riserva, richiesto che si procedesse al rito abbreviato così evidentemente rinunciando a coltivare alla decisione sul termine richiesto.
Quindi attenzione mantenete fermezza e lucidità, anche la cassazione sezione 3 n. 34601 depositata il 31 marzo 2021, indica che: “Occorre peraltro soggiungere che, nei fatti, dall’esame del fascicolo processuale non risulta che il difensore abbia mai chiesto i termini a difesa; il giudice aveva sì preannunciato di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la concessione del termine a difesa preclude l’accesso al rito alternativo ma tale richiesta non è stata formulata.
La questione avrebbe avuto rilevanza se, chiesto e concesso il termine, all’imputato fosse stato precluso il ricorso al rito alternativo. Ma ciò non è accaduto”.
Facciamolo accadere e portiamo avanti la dedotta nullità: troveremo sicuramente un giudice a Berlino.

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