Sequestro preventivo di denaro: necessario quantificare il profitto del reato (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 40429 depositata il 26 ottobre 2022 ha stabilito che in tema di misure cautelari reali la circostanza che la confisca del denaro costituente profitto prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, vada sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, non esclude certo che la misura cautelare reale funzionale alla confisca (diretta) del denaro debba fondarsi sulla corretta determinazione del profitto, in assenza del quale, la misura cautelare risulterebbe potenzialmente fonte di indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, con la trasformazione del sequestro preventivo in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorie: ne consegue che deve essere annullata con rinvio l’ordinanza che conferma il sequestro preventivo laddove non offre alcuna indicazione sull’intero importo del profitto suscettibile di confisca, sicché sussiste la violazione di legge denunciata.

E ciò perché quando la misura cautelare reale risulta finalizzata alla confisca è necessario individuare “l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario” conseguito, altrimenti il provvedimento non rispetta il principio di proporzionalità.

La differenza fondamentale rimarcata dalla Suprema Corte è che diversamente dall’ipotesi impeditiva, il provvedimento finalizzato alla confisca deve individuare l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario, altrimenti è contro il principio di proporzionalità.

Sono accolti due dei motivi di ricorso proposti da una famiglia di imprenditori indagata per bancarotta fraudolenta per distrazione: sbaglia il Riesame a confermare il sequestro preventivo disposto su somme di denaro nella disponibilità degli indiziati.

La spiegazione sta nell’articolo 321 Cpp: un conto è il sequestro impeditivo previsto dal primo comma, un altro è quello finalizzato alla confisca disciplinato dal secondo; l’uno serve a evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito ipotizzato; l’altro nasce dall’esigenza di assicurare al processo cose di cui la legge prevede la confisca, indipendentemente dall’attitudine a dar luogo a effetti e conseguenze rispetto al reato.
È vero, va sempre qualificata come diretta e non per equivalente la confisca del denaro che costituisce profitto o prezzo del reato, comunque rivenuto nel patrimonio dell’autore della condotta: pesa la natura fungibile del bene. Ma la circostanza non esclude che la misura cautelare reale, funzionale alla confisca diretta del denaro, debba essere fondata sulla corretta determinazione del profitto: altrimenti il provvedimento non incontrerebbe limiti di sorta nell’individuazione dell’oggetto.

E finirebbe per comprimere in modo indebito diritti garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, trasformando il sequestro preventivo in uno strumento inutilmente vessatorio, in tutto o in parte.

Sussiste la violazione di legge, dunque, perché l’ordinanza non offre alcuna indicazione sull’intero importo del profitto suscettibile di confisca. La parola passa al giudice del rinvio.