L’uomo che dorme: la storia del detenuto che si nega al carcere e alla giustizia dormendo (di Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

In questi giorni alcune testate nazionali hanno diffuso la notizia dell’“uomo che dorme”.

Ne hanno parlato Il Fatto Quotidiano (a questo link), Il Dubbio (a questo link) e ne abbiamo parlato anche noi nel post “Il detenuto morto ‘apparente’” (a questo link).

La storia è semplice e complicata allo stesso tempo.

Un giovane di nazionalità pakistana, detenuto nel carcere romano di Regina Coeli, versa da mesi in una condizione singolare: giace immobile e con gli occhi chiusi nel letto della sua cella, non reagisce ad alcuno stimolo, è alimentato con cibo liquido, espleta i suoi bisogni corporali nel pannolone, è collegato ad un catetere.

Nel frattempo è in corso a Napoli il processo in cui è imputato e, ovviamente, il detenuto vi partecipa solo pro-forma.

La singolarità di questa vicenda ci ha spinti a contattare il legale che assiste “l’uomo che dorme”.

Si tratta dell’avvocato Donato Vertone del foro di Napoli e questo è ciò che ci ha raccontato.

AA (come d’abitudine per il blog, identifichiamo l’interessato con le sole iniziali, a tutela del suo diritto alla riservatezza) ha 28 anni e, prima dei fatti che ne hanno determinato l’arresto, viveva a Napoli dove era titolare di una piccola attività commerciale.

È accusato di un grave reato e la Procura partenopea emette un decreto di fermo nei suoi confronti.

AA tenta di fuggire ma il 28 luglio 2021 viene bloccato all’aeroporto di Fiumicino e tradotto di seguito prima a Civitavecchia e poi a Regina Coeli.

Viene interrogato e si presenta in modo dimesso, testa bassa, un cappellino in testa.

Risponde alla domande e si protesta innocente.

Di seguito la situazione cambia: AA comincia a manifestare sonnolenza e progressivamente arriva allo stato che abbiamo descritto all’inizio.

Viene sottoposto più volte a visita dai sanitari dell’ospedale Sandro Pertini.

Soprattutto, il tribunale di Napoli dispone una perizia che accerti se AA è capace di intendere e di volere. L’esito è che il detenuto è capace ma resta tuttavia inesplicato come sia possibile che rimanga in quella condizione di totale distacco dal mondo esterno e dai suoi stimoli.

Anche l’avvocato Vertone si reca più volte a Regina Coeli allo scopo di entrare in contatto col suo assistito ma la situazione non cambia.

AA continua dunque a rimanere isolato dal mondo, partecipa a distanza al processo che lo riguarda e continua a dormire.

La sua storia e soprattutto l’esito della perizia gli hanno guadagnato il nomignolo di “simulatore” – tutti lo chiamano così in carcere – ma AA rimane indifferente a tutto.

Non abbiamo ovviamente né titolo né competenze né motivo per dubitare del giudizio professionale di chi ha affermato che AA vuole e intende.

Però ci viene in mente il notissimo incipit de La Metamorfosi di Franz Kafka: “Grigor Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo”.

E ci chiediamo chi mai vorrebbe svegliarsi se sapesse che, facendolo, si scoprirebbe trasformato in un mostro.