Querela: la riserva di costituzione di parte civile formulata, in denunzia, dalla persona offesa è una valida manifestazione del diritto di proporre querela? (Riccardo Radi)

La Cassazione penale sezione 4 con la sentenza numero 38304/2025, in tema di condizioni di procedibilità, ha stabilito che la riserva di costituzione di parte civile, formulata in denunzia dalla persona offesa, dev’essere intesa come valida manifestazione del diritto di proporre querela, esprimendo chiaramente l’intento punitivo, posto che implica la volontà che il processo sia instaurato per consentire l’esercizio della scelta riservata.

Tale interpretazione segnaliamo che contrasta con quanto recentemente affermato dalla cassazione Sez. 5, n. 32530 del 18/06/2025, Favilli, non massimata e da Sez. 5, n. 17957 del 19/01/2024, Vacaru Stefan George, Rv. 286451 – 01.

Occorre evidenziare che la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione; ne consegue che tale volontà può essere riconosciuta anche nell’atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonché nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Magli, Rv. 250318 – 01).

In proposito, è stata ritenuta sufficiente anche la richiesta di essere informato della eventuale richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero ed il contemporaneo conferimento di procura speciale al difensore di fiducia per proporre opposizione alla suddetta richiesta (Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia, Rv. 282648 – 01), o ancora la sola riserva di costituzione di parte civile formulata dalla persona offesa nella denunzia (Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801 – 01; Sez. 5, n. 2293 del 18/06/2015, dep. 2016, Caruso, Rv. 266258 – 01; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, Anzalone, Rv. 260557 – 01).

Si tratta all’evidenza di ipotesi che esprimono il principio del favor querelae, che opera nelle situazioni di incertezza – quando l’atto non contiene l’esplicita manifestazione della volontà di punizione da parte della persona offesa -, che vanno, dunque, risolte in favore del querelante.

È per tale ragione che la cassazione nel caso esaminato non condivide il percorso logico argomentativo seguito di recente da Sez. 5, n. 32530 del 18/06/2025, Favilli, non massimata e da Sez. 5, n. 17957 del 19/01/2024, Vacaru Stefan George, Rv. 286451 – 01, che hanno affermato che la volontà di punizione non potrebbe esser desunta dalla riserva espressa dalla persona offesa di costituirsi parte civile, «in quanto con la “riserva” la parte titolare della facoltà di querela si limita solo a manifestare la necessità di una riflessione circa l’esito di una futura decisione, che può risolversi anche nel senso di non voler perseguire la condotta lesiva subita».

Si osserva, in proposito, che tale opzione ermeneutica si fonda su una lettura restrittiva dell’art. 336 del codice di rito, nonostante tale disposizione descriva la querela come atto a forma libera, dal quale risulti chiaramente (ma anche implicitamente) la manifestazione di volontà della persona offesa volta a rimuovere un ostacolo alla perseguibilità di determinati reati.

Orbene, ritiene la Suprema Corte che la “riserva” di cui si discute indichi solo che la decisione di costituirsi o meno parte civile, al fine di ottenere il ristoro dei danni patiti, è rimandata ad un momento successivo, circostanza questa che, tuttavia, presuppone in ogni caso l’avvenuto esercizio dell’azione penale, atteso che altrimenti la “riserva” non avrebbe alcun senso, essendo la costituzione di parte civile preclusa a fronte dell’improcedibilità dell’azione.

Va, dunque, ribadito l’orientamento per il quale la riserva di costituzione di parte civile formulata dalla persona offesa nella denunzia, cioè in un momento nel quale il procedimento penale non è ancora instaurato, indica in modo inequivoco che quel procedimento sia instaurato, per cui costituisce chiara espressione della volontà di punizione.

Quanto ora sostenuto in via generale trova formidabile conferma nel caso di specie, tenuto conto che nella denuncia di cui si discute G.M. afferma testualmente: “Mi riservo la costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento penale”, con ciò evidentemente manifestando la volontà che si proceda a carico dei responsabili del reato, salvo poi valutare se esercitare o meno l’azione civile all’interno dell’instaurato procedimento penale, per chiedere il risarcimento dei danni.

In altri termini, l’eventuale mancata costituzione di parte civile non esclude la volontà punitiva manifestata dalla persona offesa con la “riserva” in discorso, in quanto l’instaurazione del procedimento penale costituisce il presupposto per poter poi chiedere il risarcimento dei danni, restando in caso contrario preclusa la possibilità della scelta oggetto della “riserva”.

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