Consulta, è in contrasto con l’articolo 76 della Costituzione l’articolo 4, comma 4, lettera a), del decreto legislativo numero 116 del 2017 nella parte in cui, con riguardo alla selezione dei candidati all’accesso alla magistratura onoraria, prevede che, a parità di titolo di preferenza, prevale la maggiore anzianità professionale con il limite massimo di dieci anni.
E’ quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza numero 213, depositata oggi (allegata al post), accogliendo la questione che aveva sollevato il TAR per il Lazio sulla base del rilievo che la legge numero 57 del 2016, tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo circa i requisiti e le modalità di accesso alla magistratura onoraria, aveva posto il seguente: «prevedere che a parità di titolo preferenziale abbia precedenza chi ha la più elevata anzianità professionale e che, in caso di ulteriore parità, abbia la precedenza chi ha minore età anagrafica».
In tal modo, rilevava il rimettente, con la disposizione censurata è stato introdotto un limite massimo di rilevanza della più elevata anzianità professionale, non previsto dalla legge delega.
La Corte ha ricordato che, in base alla sua giurisprudenza, in materia di delegazione legislativa il margine di discrezionalità da riconoscersi al Governo nell’opera di attuazione dei principi e criteri direttivi individuati dal legislatore delegante è tale da consentirgli di introdurre norme che rappresentino un coerente sviluppo e, se del caso, anche un completamento delle scelte espresse nella legge delega.
Rimane fermo, tuttavia, che la discrezionalità dell’organo esecutivo deve essere apprezzata in relazione al grado di specificità dei criteri fissati dal legislatore delegante e in coerenza con la ratio sottesa a questi ultimi.
Nel caso in esame, rispetto alla puntuale prescrizione della legge delega, che – proprio per il grado di dettaglio che la caratterizza – richiedeva di essere esattamente trasposta nel decreto delegato, la previsione del limite decennale, applicato all’esperienza professionale e di servizio, ha finito per capovolgere il rapporto tra i criteri di preferenza indicati dalla legge-delega.
Infatti, secondo la disposizione censurata, la «minore età anagrafica» dei candidati (lettera b dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo numero 116 del 2017), pur astrattamente sottordinata rispetto alla «maggiore anzianità professionale o di servizio» (di cui alla lettera a), risulta in concreto prevalere allorquando quest’ultima superi «il limite massimo di dieci anni di anzianità», previsto dalla lettera a).
Ciò è quanto era accaduto nella vicenda all’origine del giudizio a quo, in cui il ricorrente, che aveva più di dieci anni di anzianità nella professione di avvocato, era stato posposto in graduatoria rispetto ad altri colleghi, più giovani di lui, ma aventi minore anzianità professionale.
La Corte ha pertanto dichiarato la illegittimità costituzionale della disposizione censurata limitatamente alle parole «, con il limite massimo di dieci anni di anzianità».
