Inserire per burla una lettera anonima minatoria di apparente derivazione anarchica nel fascicolo di una collega, indurre allarme nella destinataria e in altri componenti dell’ufficio, causare l’intervento della DIGOS: se lo fa un magistrato non è reato e neanche illecito disciplinare ma solo goliardia in buona fede (Leonardo Filippi)

La vicenda

È emblematica della giurisprudenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura una recente pronuncia davvero sorprendente per la sua singolarità.

Un sostituto procuratore generale, in occasione delle manifestazioni per la liberazione di Alfredo Cospito, inserisce nel fascicolo di un collega una lettera anonima dal contenuto minatorio.

La Procura generale della Corte di cassazione, dopo aver promosso l’azione disciplinare, ha chiesto il proscioglimento per “scarsa rilevanza” del fatto addebitato, ma la Sezione disciplinare, con ordinanza di non doversi procedere 10.9.2024, n. 17/2025, è andata oltre, escludendo l’addebito.

L’incolpazione

Un sostituto procuratore generale di Corte d’appello era incolpato dell’illecito disciplinare di cui agli artt. 1 e 2, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in quanto, violando i doveri di cui all’art. 1, ed in particolare di correttezza ed equilibrio, poneva in essere un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei colleghi occupanti le postazioni lavorative nella stessa stanza presso la Procura generale della UFF 1, consiglieri e NOME 3, inserendo di nascosto in uno dei fascicoli assegnati al Cons. e giacenti sulla sua scrivania, un foglio anonimo riportante le frasi “Fuori Alfredo dal 41 bis! Il 41 bis è tortura… Lo stato stragista non ci fa paura Galere e tribunali non ne vogliamo più… colpo su colpo le tireremo giù”, per poi allontanarsi dalla stanza comune e dal luogo di lavoro senza lasciare, o fornire successivamente, a detti colleghi indicazioni sulla provenienza dello scritto e sul suo significato reale, così determinando – sia per il tenore in sé del messaggio, sia per l’identità̀ del messaggio con gli slogan urlati dai gruppi anarchici nella stessa giornata in prossimità del Tribunale di sorveglianza di UFF 2 in occasione della trattazione di un ricorso del Cospito avverso la permanenza del regime del 41bis O.P. (urla percepibili dalla stanza dei predetti magistrati), sia perché́ il consigliere NOME 2 aveva depositato, in data 27 luglio 2023, tre requisitorie riguardanti Alfredo Cospito ed il regime dell’art. 41 bis O.P. – l’apparenza di una grave minaccia proveniente dai predetti gruppi anarchici tale da destare grave sconcerto e preoccupazione nei consiglieri NOME 2 e NOME 3 al momento del ritrovamento del messaggio, con il conseguente immediato inoltro, da parte del primo, di relazione al Procuratore generale in ordine al rinvenimento di detto anonimo nel fascicolo, ed interessamento, da parte della seconda – preoccupata per l’eventuale accesso di terzi estranei nella stanza d’ufficio, che avevano collocato detto foglio anonimo – delle Forze di Polizia, richieste di individuare la possibile origine dello scritto, e prontamente intervenute, per poi interrompere, nella stessa mattinata, l’attività̀ investigativa avviata solo al momento in cui, interpellato telefonicamente da personale dell’Ufficio, il dott. NOME 1 ammetteva di essere stato lui l’autore dello scritto.

In LUOGO 1, il 19 ottobre 2023.

Il fatto

L’incolpato, in qualità di Sostituto Procuratore generale presso la Corte UFF. 1, si reca per lavoro presso il suo Ufficio al UFF. 1 che condivide con i colleghi Sostituti dott. NOME 2 e dott.ssa NOME 3 che salutano il primo e si allontanano dalla stanza, in quanto professionalmente impegnati in quel giorno in pubblica udienza.

Rimasto solo in ufficio, il magistrato si avvede che nelle vicinanze è in corso una manifestazione organizzata da un gruppo anarchico che, volta a scongiurare la reiterazione del regime penitenziario di rigore di cui all’art. 41 bis O.P. nei riguardi del detenuto Alfredo Cospito, ripete, con sistematica cadenza, il medesimo slogan il quale, espresso in favore del predetto Cospito, è nitidamente sentito dalla propria stanza di lavoro dal dott. NOME 1 che ha la malaugurata idea di trascrivere e stampare su un foglio di carta il “motto” più volte sostenuto a gran voce dai manifestanti.

Sennonché́, nel pomeriggio dello stesso giorno, l’incolpato rappresenta che, prima di fare rientro a casa e lasciare l’ufficio, decide scriteriatamente (per usare le sue medesime parole) di fare uno scherzo al suo collega di stanza (il dott. NOME 2), inserendo, all’interno di un fascicolo riposto sulla scrivania del predetto, l’indicato foglio di carta contenente la seguente dicitura, ripetizione dello slogan dei manifestanti di cui si è sopra riferito:

“Fuori Alfredo dal 41 bis! Il 41 bis è tortura…lo stato stragista non ci fa paura Galere e tribunali non ne vogliamo più…colpo su colpo le tireremo giù”.

Riferisce il dott. NOME 1 che, un attimo prima di allontanarsi dall’ufficio, ha incontrato l’altra sua collega di stanza (la dott.ssa NOME 3) che ha provveduto a salutare, senza nondimeno avvertirla “della bravata”, attesa la presenza di terze persone con lei.

L’indomani (il 20.10.23), il dott. NOME 2, in turno di pronta reperibilità̀, dopo avere fatto ingresso nel proprio ufficio, nell’accingersi a visionare i fascicoli ubicati sulla propria scrivania, rinviene il foglio ivi riposto dall’incolpato, allarmandosi non poco per il suo contenuto, come sopra riportato. Al che, costui contatta, verso le ore 13.00 dello stesso giorno, la vicesegretaria generale cons. NOME 4 ragguagliandola sull’accaduto, provvedendo il medesimo magistrato a redigere prontamente una relazione indirizzata al Procuratore generale, nella quale lo stesso riporta il contenuto del foglio a lui indirizzato che gli ha suscitato non poco allarme per avere egli, nei mesi precedenti, redatto tre requisitorie proprio in relazione al detenuto Cospito.

Nel frattempo, la dott.ssa NOME 3, presente in ufficio e del pari scossa per l’accaduto, avverte il capo della Digos di quanto occorso, con la conseguenza che, di lì a breve, funzionari della stessa, in uno al personale della sezione di polizia ordinariamente preposta alla sicurezza del UFF 1, si reca presso la stanza d’ufficio in questione, cominciando a svolgere le prime immediate ricerche del caso.

Il 20.10.23, l’incolpato non è presente in ufficio, ma interloquisce per tramite della chat WhatsApp che condivide con i colleghi di stanza per questioni lavorative e personali, scambiando con costoro i seguenti messaggi, come dal primo riportato in memoria:

[12:07, 20/10/2023] NOME 1: qualcuno è presente in comunità̀?

[12:26, 20/10/2023] NOME 2: Si

[12:55, 20/10/2023] NOME 3: Sto andando a farmi uno shampoo rientro alle 14! Sono in attesa che mi chiami NOME 5 della DIGOS

[13:11, 20/10/2023] NOME 2: Vado a casa fammi sapere. Grazie NOME 3
[13:19, 20/10/2023] NOME 2: Ho chiuso stanza

[13:29, 20/10/2023] NOME 3: Ok

[14:45, 20/10/2023] NOME 1: Fai indagini?

[14:46, 20/10/2023] NOME 2: Sta arrivando la digos nella nostra stanza

[14:46, 20/10/2023] NOME 2: Forse prelevano mio computer

[14:51, 20/10/2023] NOME 3: Ok

[14:51, 20/10/2023] NOME 1: Spero non il mio portatile nuovo

[14:52, 20/10/2023] NOME 3: lo sono in Ufficio

[14:53, 20/10/2023] NOME 2: Ok 

[15:17, 20/10/2023] NOME 1: Mi puoi dire se NOME 6 ha lasciato lì il pc nuovo?

[15:24, 0/10/2023] NOME 3: È venuta la DIGOS

[15:24, 20/10/2023] NOME 3: Non vedo nessun pc sulla scrivania di NOME 1

Da ultimo, con chiamata Whatsapp delle ore 15.37 la cons. NOME 4 contatta il cons. NOME 1 chiedendogli se fosse a conoscenza del contenuto della lettera anonima indirizza al collega di stanza, con questi che immediatamente riconosce di averla scritta lui con l’unico intento di giocare uno scherzo al cons. NOME 2, con cui erano soliti canzonarsi a vicenda benevolmente, meravigliandosi che nessuno dei suoi due colleghi lo abbia in precedenza avvisato dell’accaduto.

Comprendendo la gravità di quanto occorso, l’incolpato si scusa con prontezza anzitutto con la cons. NOME 4, rappresentandole che il contenuto del foglio anonimo rifletteva pedissequamente le frasi, oggetto dello slogan ripetuto il giorno prima dal gruppo di anarchici nella manifestazione svoltasi nei pressi del UFF 1, e che era sua intima convinzione che il tenore della lettera anonima, (maldestramente) inserita nel fascicolo del collega il giorno prima, nel riprodurre lo slogan ripetuto a iosa nella mattina precedente dai manifestanti, avrebbe reso immediatamente evidente la provenienza e la natura schiettamente goliardica dello scritto.

D’altra parte, il cons. NOME 1 fa presente sempre al Vice Segretario generale che, nella loro chat condivisa, i due colleghi di stanza poche ore prima hanno alluso all’arrivo della Digos ed alla ventilata possibilità̀ di sequestrare il computer di talché́ l’incolpato, credendo che costoro “avessero compreso lo scherzo e gli tenessero il gioco”, si era limitato a rispondere “se le indagini le stessero conducendo loro”, senza minimamente rappresentarsi la veridicità̀ degli eventi, anche perché́ i colleghi magistrati non avevano risposto alla sua battuta né gli avevano realmente comunicato l’allarme in loro effettivamente suscitato dal tenore della lettera anonima ricevuta.

Subito la cons. NOME 4 “ha fermato tutto”, essendosi risolto l’enigma, così come, con altrettanta prontezza, il presente incolpato ha inviato sulla chat riservata ai colleghi di stanza le sue pronte scuse (Ragazzi scusate era uno scherzo! Era quello che martellavano gli anarchici ieri mattina durante la manifestazione non pensavo che si potesse prendere sul serio), provvedendo nei giorni successivi (come comprovato dagli ulteriori messaggi telefonici versati in memoria) a rammaricarsi sinceramente con il cons. NOME 2 per l’improvvido accaduto.

“Risolto il caso”, rimane solo da evidenziare, in fatto, che, dopo un primo comprensibile turbamento, le cose tra i colleghi si sono appianate senza che lo scriteriato scherzo abbia compromesso i rapporti tra i medesimi i quali hanno continuato a occupare la stessa stanza d’ufficio.

La valutazione della Sezione Disciplinare

La Procura generale ha ritenuto integrato l’illecito contestato (considerandolo, all’esito, di scarsa rilevanza) perché́ il cons. NOME 1 “dopo avere creato l’apparenza di una minaccia nei confronti del collega, ha omesso di apprestare le necessarie cautele per controllare la situazione nel momento della lettura del messaggio in modo da evitare, immediatamente dopo la lettura ed il prodursi dell’effetto scherzoso programmato, ogni possibile fraintendimento ed il determinarsi di quella situazione di allarme per l’apparente pericolo poi verificatosi”.

Ma la Sezione disciplinare non condivide questa impostazione, nella misura in cui l’odierno incolpato ha posto in essere un’unica condotta scorretta non assistita dal requisito indefettibile della gravità sulla base dei principi giuridici sopra espressi in materia:

In ordine, anzitutto, alle modalità̀ dell’azione eseguita, nell’accezione tecnica intesa, si deve evidenziare che l’incolpato ha posto in essere un comportamento di natura esclusivamente goliardica, del tutto privo della “volontà atta ad offendere e finalisticamente orientata a danneggiare” la sfera personale del collega, volto di contro a rappresentare una realtà a titolo di mero scherzo rispetto ad una situazione che si credeva del tutto conosciuta dai colleghi (la manifestazione organizzata in favore del detenuto Cospito).

Rispetto ancora a tale profilo indicato, bisogna evidenziare l’esiguità̀ temporale dell’allarme suscitato, posto che l’intera vicenda si è protratta per una manciata di ore e non di più̀, visto che, dopo la visione del messaggio compiuta nella mattina del 20.10.23, già alle ore 15.37 del medesimo giorno la Vice Segretaria generale “ha fermato tutto”, essendosi risolto l’enigma con il pronto riconoscimento dei fatti da parte del dott. NOME 1, non potendo sottacersi, peraltro, lungo il medesimo versante tecnico, l’unicità/occasionalità del fatto occorso.

In ordine, poi, all’elemento soggettivo, si deve rilevare l’esistenza di una serie di circostanze che denotano la buona fede, nella valenza in epigrafe illustrata, con cui ha agito il magistrato in questione che non era al corrente delle pregresse requisitorie compiute dal dott. NOME 2 proprio nei riguardi del detenuto Cospito (ed il dato non risulta smentito dalla parte accusatoria), dava per scontato la conoscenza ed i contenuti della manifestazione assunta in favore del predetto detenuto il giorno prima dei fatti in esame, ha immediatamente riconosciuto, non appena messo a conoscenza dell’accaduto, la responsabilità̀ dell’evento ascritto, si è, infine, con altrettanta tempestività, premurato di scusarsi (più̀ volte) con i colleghi di stanza, dimostrandosi sinceramente rammaricato per l’accaduto.

Né, sotto questo aspetto, si può̀ affermare che l’incolpato abbia omesso di apprestare per tempo le dovute cautele al fine di evitare che lo scherzo giocato protraesse i suoi effetti allarmanti nel tempo, poiché́, tra l’altro, nell’immediatezza dei fatti vi è stato tra i colleghi uno scambio di messaggi che, frutto di imprevedibili coincidenze, ha dato adito a obiettivi fraintendimenti che non potevano essere univocamente dipanati dal dott. NOME 1:

In primo luogo, dal contenuto dei predetti, come sopra riportati, l’incolpato ha appresso che, nel primissimo pomeriggio del 20.10.23, tanto il dott. NOME 2 si era allontanato dal luogo di lavoro quanto la dott.ssa NOME 3 era in procinto di andarvi via.

L’indicazione, relativa al prossimo arrivo della Digos e del possibile sequestro del computer della vittima dell’inopportuno gesto, è stata concepita dall’incolpato come un segnale a contrario che i magistrati “avessero compreso lo scherzo e gli tenessero il gioco”, limitandosi costui a chiedere “se le indagini le stessero conducendo loro”, senza minimamente rappresentarsi la veridicità̀ degli eventi, anche perchè́ i colleghi di stanza non hanno risposto alla sua battuta né gli hanno realmente comunicato l’allarme in loro effettivamente suscitato dal tenore della lettera anonima ricevuta.

Lo stesso arrivo del personale della Digos che, contattato (ad insaputa del dott. NOME 1) dalla cons. NOME 3, si è affiancato alla p.g. ordinariamente preposta alla sicurezza del UFF 1, è circostanza del tutto eventuale la cui veridicità̀ non poteva ordinariamente essere percepita dall’incolpato in questo contesto di spiacevolissime coincidenze e fraintendimenti.

In termini di conseguenze riportate, a fronte dell’obiettivo allarme incusso, si deve nondimeno rilevare che lo stesso si è protratto per un tempo non eccessivo (poche ore) e che, grazie anche alle subitanee e perduranti scuse espresse dal dott. NOME 1, i rapporti tra i colleghi, dopo un primo inevitabile momento di stasi e riflessione, non hanno subìto strascichi, come rappresentato dalla stessa Procura generale che ha dato per acclarata la permanenza dei medesimi nella stessa stanza lavorativa.

Insomma, dalla disamina complessiva della vicenda ed alla luce della doverosa concretizzazione della norma disciplinare elastica in trattazione traspare che il dott. NOME 1 ha agito in buona fede, nell’accezione tecnica rappresentata, senza venire meno al canone della leale collaborazione, una volta preso atto dei fraintendimenti occorsi, non agendo con sottovalutazione della giusta sensibilità̀ dei colleghi e con scarso controllo o in assenza del senso di equilibrio e moderazione che deve contrassegnare il comportamento del magistrato, quali circostanze in presenza delle quali viene tipicamente integrata la nozione di gravità del comportamento scorretto in contestazione.

Si è, di contro, trattato di una scorrettezza che, dovuta ad un gesto goliardico (scriteriato per dirla con l’incolpato), andava sì evitata per la posizione e la situazione concreta vissuta dai destinatari, ma che, per l’occasionalità dell’atto, l’esiguità̀ temporale della vicenda, il profilo soggettivo alla base della condotta e l’esistenza di spiacevoli e obiettive coincidenze, si è risolta in un comportamento privo del carattere di gravità, in assenza della quale si deve mandare assolto l’incolpato per esclusione dell’addebito elevato.

Conclusioni

È una pronuncia davvero sconcertante quella qui descritta, per diversi motivi.

Anzitutto, perché la contestazione dell’addebito sembra formulata in maniera tale da portare inevitabilmente alla sua esclusione.

Infatti, l’art. 1, comma 1, d. lgs n. 109/2006 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati) prescrive al magistrato, genericamente, un dovere di correttezza ed equilibrio, che la burla di un giorno, secondo la Sezione disciplinare, non può scalfire.

L’art. 2, comma 1, lett. d) dello stesso decreto punisce come illecito disciplinare “i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori”, per cui, per la sussistenza dell’illecito, occorre, in alternativa, o l’abitualità dell’illecito (che in questo caso non esiste) oppure la “gravità” della scorrettezza (che la Sezione disciplinare esclude).

Né il Procuratore generale della Corte di cassazione, né il Ministro della giustizia  hanno, invece, ravvisato nella condotta del magistrato burlone, e non era difficile da scorgere,  la sua astratta conformità alla fattispecie di procurato allarme presso l’Autorità di cui all’art. 658 c.p., dal momento che la missiva anonima e minatoria annunciava “pericoli inesistenti” (“..lo stato stragista non ci fa paura Galere e tribunali non ne vogliamo più̀…colpo su colpo le tireremo giù̀””) e aveva causato l’effetto di “suscitare allarme presso l’Autorità”, al punto che la DIGOS era intervenuta e aveva avviato le indagini.

Però, nonostante la nostra Costituzione prescriva che “l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio”, né il Procuratore generale, né il Ministro della giustizia hanno trasmesso gli atti alla competente Procura della Repubblica per l’esercizio dell’azione penale.

Se fosse stata esercitata l’azione penale, si sarebbe potuto contestare anche l’art. 4, comma 1, lett. d), dello stesso d. lgs. n. 109/2006, secondo il quale costituisce illecito disciplinare conseguente a reato “qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l’immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita”.

Di fronte ad un addebito così inadeguato alla fattispecie concreta, la Sezione disciplinare ha avuto buon gioco nell’affermare che “non è sufficiente, tuttavia, la realizzazione di una singola scorrettezza, posto che è, come detto, altresì necessario che la stessa sia “grave”, laddove tale nozione assume carattere elastico, vale a dire che, per determinare la quale, il giudice disciplinare deve attingere sia ai principi che la disposizione richiama anche implicitamente (un modus agendi contrario ai doveri del magistrato in quanto tale), sia a fattori esterni presenti nella coscienza comune, cosi da fornire concretezza alla parte mobile della disposizione che è suscettibile di adeguamento rispetto al contesto storico sociale in cui deve trovare operatività”, appellandosi ad una giurisprudenza granitica delle Sezioni unite della Corte di cassazione ( Cass. civ., S.U.29823/20; S.U., 28653/18, S.U., 31058/19).

In parole povere: un magistrato commette sia un reato per il quale non viene denunciato, sia un illecito disciplinare conseguente a quel reato, ma la contestazione è oggettivamente congegnata in modo da non consentire la punizione.

La conclusione è che, secondo la giustizia domestica dei magistrati, è perfettamente lecito lasciare una lettera anonima e minatoria negli uffici di un palazzo di giustizia e non si allarmino magistrati, avvocati e personale, anche se si scomoda la DIGOS, perché si tratta solo di goliardia e quindi non è punibile. Almeno se il fatto è compiuto da un magistrato…

E pensare che c’è ancora chi sostiene che l’attuale procedimento disciplinare dei magistrati funzione benissimo e non si deve modificare!

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