La Cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 40755/2025 ha ricordato che la responsabilità da reato degli enti non può essere desunta dalla sola prova del reato presupposto, postulando, invece, sul piano oggettivo, la realizzazione di un reato, integrato nei suoi estremi oggettivi e soggettivi, commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente da parte di una persona che abbia un rapporto qualificato con quest’ultimo, nonché, sul piano soggettivo, la colpa di organizzazione, diversamente connotata a seconda che il reato presupposto sia stato commesso da un soggetto in posizione apicale o sottoposto all’altrui vigilanza e direzione (Sez. 6, n. 17664 del 29/01/2025, Le Fattorie degli Alburni soc. coop. s.r.l., Rv. 288143).
Sennonché la decisione impugnata, discostandosi dai richiamati principi interpretativi, si è limitata ad accertare la sussistenza del delitto presupposto e a porre in rilievo, sul piano oggettivo, l’evidente vantaggio economico per la ricorrente, derivante dalla commercializzazione dei numerosi beni contraffatti.
E’ stata dunque omessa qualsivoglia valutazione circa la colpa di organizzazione, che deve invece essere vagliata, anche qualora il reato presupposto sia stato commesso, come nel caso in esame, da un soggetto che riveste nell’ente una posizione apicale, adottando il criterio epistemico-valutativo della c.d. “prognosi postuma”, proprio dell’imputazione della responsabilità per colpa: deve cioè idealmente collocarsi nel momento in cui l’illecito è stato commesso e verificare se il “comportamento alternativo lecito”, ossia l’osservanza del modello organizzativo virtuoso, per come esso è stato attuato in concreto, avrebbe eliminato o ridotto il pericolo di verificazione di illeciti della stessa specie di quello verificatosi, non richiedendosi una valutazione della “compliance” alle regole cautelari di tipo globale (ex ceteris, Sez. 5, n. 21640 del 02/03/2023, Rossi, Rv. 284675; Sez. 6, n. 23401 del 11/11/2021, dep. 2022, Impregilo s.p.a., Rv. 283437).
