La Cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 40761/2025 ha ricordato che il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati al pubblico ufficiale, così collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero (Sez. U, n. 28 del 15/12/1999, Gabrielli, Rv. 215413).
Il principio è stato ripreso e confermato da numerose pronunce, talune delle quali riferite alla fattispecie ex art. 76 d.P.R. n. 445 del 2000 in relazione all’art. 483 cod. pen. (Sez. 5, n. 16275 del 16/03/2010, Zagari, Rv. 247260, secondo la quale integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi dell’art. 47 d.P.R. n. 445 del 2000, allegata ad istanza preordinata ad ottenere il passaporto, attesti falsamente di non avere mai riportato condanne penali).
Nella delineata prospettiva, è stato sottolineato come l’atto disciplinato dalle norme di cui agli artt. 46 e 47 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa sia per sua natura «destinato a provare la verità» delle circostanze in esso affermate, che concernono fatti, stati e qualità personali (Sez. 5, n. 38748 del 09/07/2008, Nicotera, Rv. 242324); in siffatte ipotesi, la natura pubblica dell’atto è stata desunta anche dalla sua naturale destinazione a provare la verità dei fatti in esso affermati, a sua volta evincibile dalla funzione di comprovare stati, qualità personali e fatti, che le due disposizioni richiamate assegnano alle dichiarazioni sostitutive di atti notori e di certificazioni.
Nel caso in esame la falsa autodichiarazione sostituisce il documento unico di regolarità contributiva (c.d. DURC) attraverso una dichiarazione resa alla pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 4, comma 14-bis del d.l. n. 70/2011, avente natura di autocertificazione ex art. 76 d.P.R. n. 445/2000 in merito ad una qualità del dichiarante – regolarità INPS e INAIL – rilevante anche al fine di prevenzione e controllo dell’evasione.
Con la conseguenza che solo il possesso della predetta autocertificazione legittima il dichiarante ad essere parte di una serie di rapporti pubblicistici. In virtù di siffatti parametri normativi l’imputata ha attestato l’adempimento di obblighi contributivi previsti dalla legge invece inevasi al momento della presentazione della domanda e estinti solo il mese successivo, con ciò falsamente rappresentando l’esistenza di una qualità o stato dell’ente – la regolarità contributiva – di cui la dichiarante era legale rappresentante, invece insussistente al momento della presentazione della domanda, confortando la dichiarazione falsa con l’allegazione di un falso documento inerente la richiesta all’Inps del Durc contraffatto nella data del 29/12/2017.
