Errore sul fatto che esclude la punibilità: non invocabile se dipeso da una scelta deliberata del soggetto agente di non informarsi su un elemento della fattispecie (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 39451/2025, 27 novembre/9 dicembre 2025, ha ricordato che l’errore sul fatto che, ai sensi dell’art. 47, cod. pen., esime dalla punibilità, è quello che cade su un elemento materiale del reato e che consiste in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della percezione che alteri il presupposto del processo volitivo. Non è pertanto invocabile l’errore dipeso da una scelta deliberata dell’imputato di non informarsi su un elemento della fattispecie che, nel caso di specie, ha riguardato la previsione o meno dell’arbitraggio ufficiale, circostanza che costituisce il discrimine tra la condotta di reato (mancata presentazione per partite amichevoli con arbitraggio ufficiale) e condotta non costituente reato (mancata presentazione per partite amichevoli senza arbitraggio ufficiale).

Provvedimento impugnato

Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza del medesimo tribunale di condanna di PA, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 6, comma 6, L. n. 401/1989, perché, sottoposto a provvedimento di DASPO con obbligo di presentazione, non si presentava ai Carabinieri in occasione dell’incontro sportivo Cagliari-Olbia per apporre la firma, sia alle ore 17,20 e sia alle ore 18,20, così violando le prescrizioni contenute nel DASPO della Questura di Sassari.

Ricorso per cassazione

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore e ne ha chiesto l’annullamento deducendo in primo luogo il vizio di violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 6 comma 6, legge n. 401 del 1989 e 47 cod. pen.

Premesso che  con il DASPO emesso dal questore di Sassari era imposto all’imputato l’obbligo di presentazione durante “tutti gli incontri comprese le amichevoli per le quali sia stato designato arbitro ufficiale che la squadra del Cagliari calcio disputerà in qualsiasi stato del territorio nazionale e all’estero”, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso la perfetta buona fede dell’imputato in relazione alla presenza di un arbitraggio ufficiale, elemento che come risulta dalle dichiarazioni dell’imputato stesso, risultava determinante nell’averlo tratto in inganno, facendogli ritenere che non vi fosse obbligo di presentazioni trattandosi di una “partitella”.

Che le partite senza arbitraggio non fossero comprese tra quelle per cui vige l’obbligo di presentazione alla PG, era chiaramente previsto nel provvedimento del DASPO, conseguentemente la motivazione della sentenza impugnata sulla sussistenza del dolo eventuale, introdotta per la prima volta in grado d’appello, risulterebbe manifestamente illogica.

L’illogicità della sentenza in relazione all’elemento soggettivo sarebbe altresì evidente laddove la sentenza impugnata avrebbe escluso l’errore sul fatto, ai sensi dell’articolo 47, cod. pen., essendo l’imputato caduto in errore nella valutazione della situazione, circostanza indirettamente riscontrata anche dalle parole del militare che ribadiva la perfetta puntualità del ricorrente nel presentarsi a firmare in occasione delle partite precedenti. 

Il ricorrente ha ulteriormente dedotto la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione al diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 cod.pen. 

Decisione della Suprema Corte

Il ricorso, riproponendo le medesime censure già sottoposte alla Corte territoriale e non confrontandosi con i passaggi argomentativi sviluppati in risposta nella sentenza impugnata, è infondato. 

Deve rilevarsi che non è oggetto di contestazione l’omessa presentazione del ricorrente sottoposto a provvedimento questorile che gli imponeva il divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, prescrivendo allo stesso la doppia presentazione presso i Carabinieri il 21 maggio 2019 in occasione della partita amichevole con arbitraggio ufficiale Cagliari-Olbia.

Non contesta il ricorrente neppure che la partita amichevole fosse pubblicizzata, né che fosse stato previsto un arbitraggio ufficiale.

Argomenta invece l’assenza di dolo, avendo egli agito in buona fede, sulla base di una falsa rappresentazione della realtà in punto arbitraggio ufficiale, presupposto di fatto per l’obbligo di presentazione per le partite amichevoli, invocando l’errore di fatto ai sensi dell’art. 47, cod.pen. La censura è manifestamente infondata. 

L’errore sul fatto che, ai sensi dell’art. 47, cod. pen., esime dalla punibilità, è quello che cade su un elemento materiale del reato e che consiste in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della percezione che alteri il presupposto del processo volitivo (Sez. 5, n. 1780 del 26/10/2021, Rv. 282471 – 01). 

Ciò detto, quanto al caso in esame, la sentenza ha argomentato che non era invocabile l’errore dipeso da una scelta deliberata dell’imputato di non informarsi su un elemento della fattispecie, segnatamente sulla previsione o meno dell’arbitraggio ufficiale, circostanza che costituisce il discrimine tra la condotta di reato (mancata presentazione per partite amichevoli con arbitraggio ufficiale) e condotta non costituente reato (mancata presentazione per partite amichevoli senza arbitraggio ufficiale).

La mancata presentazione è dipesa dalla scelta dell’imputato di non informarsi e come tale si pone al di fuori dell’errore percettivo sul fatto (ad esempio di essersi informato su fonti aperte non corrette) che esclude il dolo. 

La Corte territoriale ha, dunque, correttamente escluso che l’omessa presentazione dell’imputato fosse dipesa da una falsa rappresentazione della realtà con riguardo all’arbitraggio ufficiale, non potendosi configurare una condizione di buona fede agendo l’imputato in un contesto nel quale ha accettato la situazione (cioè, che la partita fosse arbitrata ufficialmente) da cui dipende l’illiceità della sua condotta omissiva.

La sua condotta di non informarsi è dipesa dalla sua libera e consapevole scelta, non essendo in discussione i presupposti del provvedimento questorile quanto al suo contenuto. Da cui la manifesta infondatezza della parte di censura che si appunta sul mancato rispetto del canone dell’al di là del ragionevole dubbio. 

La censura contro il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131, cod. pen. non è fondata. 

Come è noto, tale disposizione, anche dopo le modifiche introdotte dalla legge Cartabia, richiede, congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale del citato articolo, la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. 

Quanto al primo requisito – particolare tenuità dell’offesa- si articola, a sua volta, in due “indici-requisiti”, che sono la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’art. 133, c.p., (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato intensità del dolo o grado della colpa).

Al giudice, pertanto, spetta di rilevare se, sulla base dei due “indici-requisiti” della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p., comma 1, sussista la particolare tenuità dell’offesa e, poi, che con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento. 

Quanto alla nozione di abitualità del comportamento, le Sezioni unite, con la sentenza n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266591-01, hanno spiegato come, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131, cod. pen., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. 

Nel caso in esame, risultano dal certificato penale ben quattro condanne, tra le altre, per la violazione dell’obbligo di presentazione art. 6 legge n. 401 del 1989, sicchè ricorre l’abitualità del comportamento, insussistenza del requisito come argomenta la sentenza impugnata che ha fatto espresso riferimento ai precedenti penali specifici. 

Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

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