Favor impugnationis: il giudice non può riqualificare il gravame ove ritenga che quello prescelto sia esattamente il mezzo voluto dall’avente diritto (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 39754/2025, 2/10 dicembre 2025, ha affermato che il giudice ha il potere-dovere di provvedere all’appropriata qualificazione del gravame, privilegiando, rispetto alla formale apparenza, la volontà della parte di attivare il rimedio all’uopo predisposto dall’ordinamento giuridico. Ha aggiunto che, proprio perché la disposizione  indicata  è finalizzata  alla salvezza e non alla modifica della volontà  reale  dell’interessato, al giudice non è  consentito  sostituire il  mezzo d’impugnazione effettivamente voluto  e propriamente denominato (ma inammissibilmente proposto dalla parte)  con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamene  ammissibile:  in  tale  ipotesi,  infatti, non  può  parlarsi   di  inesatta qualificazione giuridica  del gravame,  come tale suscettibile di rettifica ope iudicis, ma di una infondata  pretesa, da sanzionare  con l’inammissibilità.

Provvedimento impugnato

Con ordinanza del 5 giugno 2025 il Tribunale di Padova ha dichiarato inammissibile l’appello   avverso   la   pronunzia   di   condanna   alla    sola    pena pecuniaria pronunciata dal Giudice di Pace di   Padova    nei confronti di   SS, in relazione al delitto di cui all’art. 590, cod.  pen., atteso che l’imputato, ai sensi dell’art. 37 d.lgs. n.  274 del 2000 può proporre appello solo avverso le sentenze di condanna del Giudice di pace che applicano una pena di specie diversa da quella pecuniaria ovvero contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna anche il capo relativo alla condanna, anche generica al risarcimento del danno.

Nel caso di specie la persona offesa aveva revocato la costituzione di parte civile e l’imputato era stato condannato al pagamento della pena pecuniaria e alle spese del procedimento.

Ricorso per cassazione

Avverso detta ordinanza l’imputato, per il tramite del difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi:

con il primo motivo denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione di legge oltre che il vizio di motivazione per aver dichiarato inammissibile l’impugnazione anziché trasmettere gli atti al giudice competente mediante ordinanza di conversione dell’atto di appello; lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost.   e dell’art. 568, comma 5, cod.  proc.  pen., in quanto la sentenza del Giudice di pace non si limitava a irrogare la pena pecuniaria ma confermava il sequestro del fucile da caccia con cui era stato commesso il reato anziché provvedere con motivazione alla eventuale confisca facoltativa e ciò aveva comportato un ulteriore pregiudizio per l’imputato che aveva dedotto la questione nei motivi di appello;

con il secondo   motivo   deduce violazione di legge e     vizio    di   motivazione    stante l’evidente discrasia tra le risultanze istruttorie e la ricostruzione del fatto contestato; nonché   l’erronea applicazione della legge per aver pronunciato l’ordinanza di inammissibilità nonostante l’art. 568 cod. proc. pen. preveda che, una volta verificata la oggettiva impugnabilità del provvedimento e la esistenza di una voluntas impugnatoria, il Tribunale doveva trasmettere gli atti alla Corte di cassazione, quale giudice competente.

Decisione della Suprema Corte

I motivi di ricorso che possono essere trattati congiuntamente sono inammissibili.

Va premesso che ai sensi dell’art. 37 d.lgs. n.  274 del 2000: “L’imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno. L’imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento”. Conseguentemente, alla stregua della norma citata, avverso la sentenza di condanna alla sola pecuniaria pronunciata dal Giudice di pace di   Padova, non poteva essere   interposto appello; si pone, pertanto, la correlata questione dell’eventuale conversione dell’atto di impugnazione.  Il collegio richiama ed aderisce all’orientamento già espresso dalla quarta sezione secondo cui “è inammissibile l’impugnazione proposta con un mezzo di gravame diverso da quello prescritto, nel caso in cui dall’esame dell’atto emerga che la parte abbia intenzionalmente interposto il mezzo di gravame non consentito dalla legge” (fattispecie relativa ad appello proposto avverso sentenza di condanna a pena pecuniaria del giudice di pace, non suscettibile di conversione in ricorso per cassazione, in quanto risultavano dedotti solo motivi di censura relativi al merito della decisione impugnata), cfr. Sez. 4 – n. 1441 del 21/11/2023 Cc.  (dep. 12/01/2024) Rv. 285634 – 01.

Tale principio non contraddice quanto stabilito con pronuncia delle Sezioni unite n. 45371 del 31/10/2001 Cc.  (dep. 20/12/2001), Bonaventura, Rv. 220221 – 01 secondo cui “In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una voluntas impugnationis, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente. (Conf. SU, 31 ottobre 2001 n. 45372, De Palma, non massimata)”.

Infatti, il giudice ha il potere-dovere di   provvedere all’appropriata qualificazione del gravame, privilegiando, rispetto alla formale apparenza, la volontà della parte di attivare il rimedio all’uopo predisposto dall’ordinamento giuridico. Ma proprio perché  la disposizione  indicata  è finalizzata  alla salvezza e non alla modifica  della volontà   reale  dell’interessato, al  giudice non è consentito sostituire  il  mezzo d’impugnazione effettivamente voluto  e propriamente denominato (ma inammissibilmente proposto dalla parte)  con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamene  ammissibile:  in  tale  ipotesi,  infatti, non  può  parlarsi   di  inesatta qualificazione giuridica  del gravame,  come tale suscettibile di rettifica ope iudicis, ma di una infondata  pretesa, da sanzionare  con l’inammissibilità.

L’appello  erroneamente proposto  avverso  la sentenza  di condanna  a pena  pecuniaria   pronunciata  dal  giudice  di  pace,  non  si  converte automaticamente in ricorso  per cassazione, stante  la necessità  di avere  riguardo al di  là  dell’apparente  “nomen   juris”  alle  reali  intenzioni  dell’impugnante   ed all’effettivo   contenuto  dell’atto  di   gravame,    con  la  conseguenza   che, ove dall’esame di tale atto si tragga  la conclusione  che  l’impugnante  abbia effettivamente  voluto   il  mezzo  di  impugnazione  non  consentito  dalla   legge, l’appello  deve  essere dichiarato  inammissibile (Sez. 5 – n. 55830 del 08/10/2018 Rv.27462).

Nella specie, dalla lettura  dell’atto di appello, allegato al ricorso, si evince che con l’impugnazione avverso   la  sentenza   di  primo   grado   il   ricorrente ha  dedotto   vizi  estranei   al sindacato  di  legittimità, denunziando il  travisamento delle  prove  e della ricostruzione della dinamica dei  fatti  riguardanti il colpo di fucile che aveva attinto al volto la persona offesa  oltre che l’entità della pena; doglianze  proprie  di un giudizio  di merito che quindi   non   si  attagliano  ai  canoni richiesti per promuovere un giudizio di legittimità non consentendo quindi la  conversione  dell’atto di impugnazione in ricorso per cassazione.

Infine, la questione attinente al sequestro del fucile e all’omessa pronuncia sulla confisca non risulta essere stata oggetto dei motivi di appello e comunque la competenza a provvedere sulla confisca del bene sequestrato, in mancanza di una decisione da parte del giudice di cognizione, appartiene al giudice dell’esecuzione (Sez. 5, n. 4986 del 03/10/2003 Cc.  (dep. 09/02/2004) Rv. 228065 – 01; Sez. 1, n. 34627 del 22/05/2013 Cc.  (dep. 09/08/2013) Rv. 257179 – 01).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

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