All’avvocato è richiesto (anche sui social) un codice di condotta più severo di quello del comune cittadino (Redazione)

Il Consiglio Nazionale Forense sul suo sito web nella sezione “Banca dati deontologica” ha pubblicato il 9 dicembre la seguente massima, estraibile dalla sentenza numero 195/2025. “L’avvocato ha il dovere di comportarsi in ogni situazione, quindi anche sui social e nella dimensione privata, con la dignità ed il decoro imposti dalla funzione che svolge, la quale comporta doveri additivi rispetto al comune cittadino, a salvaguardia della reputazione e dell’immagine dell’Avvocatura”.

Si richiama la dignità e il decoro, giusto ma avete mai scrollato sui social?

Basta poco per vedere che dignità e decoro sono concetti per alcuni vetusti.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Pizzuto), sentenza n. 195 del 15 luglio 2025

Nota:
Sulla potenziale rilevanza deontologica della “vita privata” dell’avvocato, cfr. l’art. 2 co. 1 cdf (“Le norme deontologiche […] si applicano anche ai comportamenti nella vita privata”), l’art. 9 co. 2 cdf (“anche al di fuori dell’attività professionale”), l’art. 24 co. 2 cdf (conflitti di “interessi riguardanti la propria sfera personale”), l’art. 63 co. 1 cdf (“anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero”) e l’art. 64 co. 2 cdf (“inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione”). Infine, la potenziale rilevanza deontologica della vita privata non contrasta con l’art. 8 CEDU, che inibisce sì indebite intrusioni e aggressioni alla sfera privata e familiare delle persone, ma lascia integro il potere-dovere delle autorità competenti di valutare e, occorrendo, di sanzionare i comportamenti che si pongano in contrasto con i rispettivi ordinamenti (Cass. n. 23020/2011).

Lascia un commento