Come è noto agli operatori forensi, la sigla G.I.A.D.A. (d’ora in avanti GIADA) è l’acronimo di un applicativo informatico che gestisce automaticamente l’assegnazione della date della prima udienza dei giudizi penali dinanzi ai tribunali in composizione monocratica e collegiale.
Ottima la finalità, dubbia la funzionalità, perfino per un parametro semplice come il rispetto del termine di comparizione previsto dall’art. 554-ter, comma 4, cod. proc. pen. allorché il giudice, ritenendo mancanti le condizioni per una pronuncia di non luogo a procedere e in assenza di definizioni alternative, dispone la prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice dibattimentale.
Tale termine, prescrive la norma, non può essere inferiore a 20 giorni e, ai sensi dell’art. 172, comma 4, cod. proc. pen., in esso non si computa il giorno iniziale.
Veniamo adesso al caso concreto.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma emette decreto di citazione a giudizio per l’udienza di comparizione predibattimentale per l’udienza del 19 novembre 2025 avanti al giudice monocratico della sezione 4 del tribunale di Roma.
All’esito di tale udienza il giudice, ritenendo insussistenti le condizioni per “pronunciare sentenza di non luogo a procedere e in assenza di definizioni alternative”, fissa la prosecuzione del giudizio per l’udienza dibattimentale del 9 dicembre 2025 avanti al giudice monocratico della sezione 7 del tribunale di Roma.
I conti, a questo punto, sono presto fatti: dal 19 novembre al 9 dicembre vi sono 19 giorni liberi, risultando in tal modo violato il disposto del citato quarto comma dell’art. 554-quater, cod. proc. pen.
Una violazione che non dovrebbe esserci perché anche i giudici hanno l’obbligo di osservanza delle norme processuali sancito dall’art. 124, comma 1, cod. proc. pen., ed esso vale anche quando alla violazione non sia collegata esplicitamente alcuna nullità o sanzione, tanto più in un caso del genere che impatta negativamente sul diritto di difesa la cui esplicazione è tarata sulla messa a disposizione di un certo periodo temporale che il giudice non ha il potere di ridurre.
Chiare le coordinate normative, resta da sottolineare un ultimo aspetto, comunque scontato: gli algoritmi che fanno funzionare un applicativo non possono certo prevalere su una norma di legge ed il giudice non può trincerarsi dietro l’automatismo dell’assegnazione della data.
Che altro dire? Meglio che chi di competenza dia o faccia dare un’occhiata molto seria a GIADA e risolva il problema.
Del resto, GIADA non è nuova agli errori: ce ne eravamo occupati in termini non esattamente lusinghieri: Tribunale di Roma: udienze preliminari rinviate per G.I.A.D.A. (di Riccardo Radi) – TERZULTIMA FERMATA
Trascorre il tempo ma GIADA continua a fare le bizze.
