Giudizio direttissimo: la richiesta di abbreviato non preclude all’imputato di chiedere un termine a difesa (Riccado Radi)

La Cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 33838/2025 ha ricordato che, nel giudizio direttissimo, il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato non preclude all’imputato la richiesta di termine a difesa prevista dall’articolo 451 comma 6 c.p.p. ma l’eccezione al diniego deve essere rappresentata immediatamente e non successivamente in discussione o con l’atto di appello.

Fatto:

Nell’atto di appello la difesa deduceva la violazione dell’art. 451, comma 6, cod. proc. pen. per avere il giudice omesso di avvisare l’imputato della facoltà di chiedere un termine a difesa e, soprattutto, per aver immotivatamente rigettato la richiesta di un termine a difesa, formulata dopo il rigetto del rito abbreviato condizionato, ritenendola tardiva.

Dall’esame degli atti risulta che il giudice aveva respinto la richiesta di termine a difesa ritenendola incompatibile con l’opzione per il rito abbreviato, chiaramente indicativa della non necessità di un termine per preparare la difesa.

La Corte di appello ha ritenuto tardiva l’eccezione, in quanto, benché fondata, non era stata eccepita tempestivamente in udienza dopo il diniego del termine a difesa con conseguente decadenza, trattandosi di una nullità a regime intermedio soggetta ai termini di deducibilità di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen.

La valutazione è corretta.

Decisione:

La nullità invocata dal ricorrente è una nullità generale a regime intermedio, che attiene all’assistenza dell’imputato e non all’assenza del difensore e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., dal difensore presente e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il compimento dell’atto che nega il termine o lo concede in misura che si sostiene incongrua (Sez. 1, n. 16487 del 23/01/2025 Occhiuzzi, Rv. 288020; Sez. 1, n. 13401 del 5/2/2020, Garrach, Rv. 278823), mentre, nel caso di specie, è pacifico che il difensore nulla eccepì nell’immediatezza, deducendo la nullità solo nel corso della discussione del giudizio di primo grado e poi con apposito motivo di appello (così a pag. 2 del ricorso).

Il principio trova, inoltre, conferma nella previsione dell’art. 183 cod. proc. pen., secondo il quale “salvo che sia diversamente stabilito, le nullità sono sanate:

a) “se la parte interessata rinuncia espressamente ad eccepirle o accetta gli effetti dell’atto”;

b) “si è avvalsa delle facoltà al cui esercizio l’atto omesso o nullo è preordinato”, sicché è l’interesse a segnare il limite di deducibilità per la parte e, nel caso di specie, la parte ha dimostrato di non contestare il rigetto né di lamentare una lesione del diritto di difesa, stante l’ammissione delle prove richieste, l’acquisizione della consulenza di parte sullo stato dei luoghi e l’assunzione, su richiesta della difesa, del teste cui il P.m. aveva rinunciato, che in concreto escludono illegittime compressioni del diritto di difesa.

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