Mandato di arresto europeo processuale: insindacabile dal giudice italiano la valutazione dei mezzi di prova fatta dall’autorità emittente (redazione)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 37899/2025, 20/21 novembre 2025, ha ribadito che, in tema di mandato di arresto europeo, non spetta al giudice italiano sindacare l’apprezzamento di merito dei mezzi di prova dell’autorità emittente.

La scelta sul motivo facoltativo di rifiuto rappresentato dalla commissione del reato in tutto o in parte nel territorio dello Stato, di cui all’art. 18-bis, lett. b), legge 22 aprile 2005, n. 69, è rimessa all’autorità giudiziaria preposta a vagliare l’interesse dello Stato all’esercizio dell’azione penale nei confronti del soggetto destinatario del mandato di arresto il quale in sede di legittimità non può dedurre alcun vizio della decisione in quanto non vanta alcuna situazione giuridica soggettiva tutelabile in sede giurisdizionale (Sez. F, sentenza n. 32379 del 08/08/2024, Rv. 286876).

È stato ancora affermato che il motivo di rifiuto facoltativo alla consegna previsto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. b), Legge 22 aprile 2005, n. 69, per i fatti commessi in parte nel territorio dello Stato richiede quantomeno la sussistenza di indagini sul fatto oggetto del mandato di arresto, sintomatiche dell’effettiva volontà della Stato di affermare la propria giurisdizione (Sez. 6, sentenza n. 5929 del 11/02/2020 Cc. (dep. 14/02/2020) Rv. 278329 – 01).

Nella vicenda in esame la Corte di appello ha valutato come dirimente la circostanza che gli eventi dai quali discende l’esistenza dei delitti contestati al consegnando, in concorso con i suoi complici, si siano integralmente realizzati in territorio francese e le pronunce giurisprudenziali secondo le quali in tema di mandato di arresto europeo non è configurabile il motivo facoltativo di rifiuto della consegna di cui all’articolo 18-bis, comma uno, lettera a) legge 22 aprile 2005 n. 69, ove nel territorio dello Stato di emissione siano avvenuti anche solo un frammento apprezzabile della condotta intesa in senso naturalistico o di una parte dell’evento che è conseguenza dell’azione od omissione. (Sez. 6, n. 13063 del 27/03/2024, Rv. 286192).

Il mandato di arresto europeo indica la durata massima della pena che potrà essere inflitta per i reati cui si riferisce e risulta dalla sentenza impugnata che per il delitto di estorsione aggravata l’ordinamento francese prevede una pena detentiva fino all’ergastolo, per il delitto di minaccia una pena fino a tre anni, limiti edittali superiori alle soglie ostative previste dall’art. 7, commi 3 (per il mandato di arresto processuale), L. n. 69 del 2005.

È del tutto pacifico che, come anche sostenuto dalla Corte di appello nel rigettare l’eccezione difensiva già proposta in sede di udienza finalizzata alla decisione sulla consegna, trattandosi di MAE processuale, l’indicazione della pena massima prevista attiene esclusivamente al dato normativo, non potendosi quindi ritenere violato nemmeno in astratto il principio del proporzionalità della pena quale espressione dell’osservanza dei diritti fondamentali dell’individuo, dovendosi tale sproporzione eventualmente valutare su una pena oggettivamente comminata che non abbia tenuto nella dovuta considerazione elementi circostanziali necessari all’individuazione di una pena non già astrattamente ma concretamente irrogata.

In relazione alla ritenuta natura processuale del mandato, il motivo relativo all’inadeguata indicazione del materiale probatorio è manifestamente infondato, perché la Corte distrettuale ha già evidenziato che nel mandato di arresto europeo e nella scheda di relazione inviata dall’autorità giudiziaria emittente sono indicati specificamente i mezzi di prova che hanno costituito oggetto dell’autonomo apprezzamento di merito, spettante solo all’autorità giudiziaria straniera.