Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 30554/2024, 6 giugno/25 luglio 2024, ha riaffermato che la “prova” generata dalla attività di intercettazione è costituita dalla “registrazione” (custodita nell’archivio previsto dall’art. 269, cod. proc. pen.) e che la mancata trascrizione delle registrazioni non è espressamente prevista né come causa di nullità, né è riconducibile alle ipotesi di nullità di ordine generale tipizzate dall’art. 178, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 2507 del 28/10/2021, dep. 2022, Rv. 282696; Sez.1, n. 41632 del 03/05/2019, Rv. 277139 – 01; Sez. 2, n. 13463 del 26/02/2013, Rv. 254910).
La “trascrizione” è, cioè una attività funzionale a rendere fruibile il contenuto fonico, che non costituisce la “prova”, essendo solo la proiezione grafica della registrazione. Le registrazioni, nel caso in esame sono state messe tempestivamente a disposizione dei difensori, come previsto dall’art. 268, comma 6, cod. proc. pen., anche al fine di consentire l’indicazione di quelle da acquisire. Tali registrazioni restano peraltro consultabili durante tutto il corso del procedimento ai sensi dell’art. 269, cod. proc. pen.
Pertanto il ritardo nella disposizione della perizia per trascrivere le registrazioni delle conversazioni intercettate, contrariamente a quanto dedotto, non lede nessuna prerogativa difensiva, dato che nel periodo intercorrente tra l’avviso della conclusione delle indagini preliminari ed il provvedimento che dispone la perizia (nel corso dell’udienza preliminare, come nel caso in esame), i file audio sono a disposizione della difesa, come anche le trascrizioni “provvisorie”, effettuate dalla polizia giudiziaria; il che garantisce compiutamente le prerogative difensive, ovvero la possibilità di criticare la capacità dimostrativa dei contenuti delle registrazioni e di selezionare quelli rilevanti dei quali si intende chiedere l’acquisizione. Tale impostazione ermeneutica trova conferma sia nel fatto che non sono previsti termini decadenziali per disporre la trascrizione, sia nel fatto che è incontestato che la perizia disposta ex art. 268, comma 7, cod. proc. pen., espletata successivamente all’udienza fissata per la formazione del fascicolo per il dibattimento, può essere legittimamente depositata nel corso dello svolgimento del giudizio di primo grado, mediante inserimento nel relativo fascicolo, senza violazione del contradditorio (Sez. 2, n. 14948 del 11/12/2017, dep. 2018, Rv. 272644 – 01; Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, Rv. 271742).
Da ultimo, si osserva che il ritardo nella disposizione della perizia non impedisce l’accesso al rito abbreviato.
Infatti, poiché per disporre la perizia non sono stabiliti termini perentori associati a sanzioni processuali, il fatto che, nel corso dell’udienza preliminare sia entrato in vigore l’art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen. – che dispone la sanatoria ex lege sia delle nullità, che delle inutilizzabilità non collegate ad un divieto probatorio – non assume rilevanza, non essendo prospettabili “nullità” da sanare.
