Segnaliamo la proposta di legge, pubblicata oggi sul sito della Camera dei Deputati che prevede l’introduzione dell’articolo 612-quinquies del codice penale in materia di atti persecutori telematici (proposta allegata al post).
I proponenti sottolineano che gli atti persecutori telematici, cosiddetto “cyberstalking”, rappresentano una delle insidie più sub dole dell’era digitale, in quanto non costituiscono una mera riproposizione degli atti persecutori di cui all’articolo 612-bis del codice penale, ossia del reato di stalking, bensì condotte che sfruttano e amplificano le criticità dello spazio virtuale.
Si tratta di una persecuzione reiterata realizzata mediante strumenti telematici, che lede in profondità la riservatezza e la libertà individuale della persona.
Tale fenomeno possiede caratteristiche distintive che ne rendono la portata lesiva decisamente maggiore.
La rete internet conferisce al persecutore diversi vantaggi che si traducono in un maggiore danno per la vittima.
In primo luogo, la possibilità di celarsi dietro l’anonimato o di creare false identità, attraverso profili falsi (fake), che aumentano il senso di impotenza della persona perseguitata.
Inoltre, la natura stessa dello strumento digitale garantisce un’accessibilità e una permanenza illimitate alle condotte offensive o minatorie.
I contenuti diffusi non hanno soltanto il potenziale di diventare « virali » in pochi istanti, ma lasciano una « impronta digitale » persistente che supera i confini spaziali e temporali della persecuzione fisica.
La proposta prevede che dopo l’articolo 612-quater del codice penale è inserito il seguente:
« Art. 612-quinquies. – (Atti persecutori telematici)
– Chiunque, attraverso strumenti informatici o telematici, anche mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla genuinità del materiale falsificato, reca a taluno molestie con l’invio ripetuto o continuo di commenti, messaggi privati o messaggi diffamatori nelle piattaforme so ciali digitali, la diffusione di contenuti privati, la condivisione di foto, video o informazioni personali senza il consenso della persona rappresentata, la creazione di pro fili falsi nelle piattaforme sociali digitali, l’impersonificazione della persona o la creazione di profili nelle piattaforme sociali digitali a fini diffamatori, il controllo, il tracciamento e il monitoraggio delle attività della persona nelle piattaforme sociali digitali o nella rete internet, la diffusione di materiale imbarazzante o il compimento delle condotte di cui all’articolo 629, cagionando un danno ingiusto alla persona offesa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e sei mesi e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La pena è aumentata se il fatto è com messo dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. ».

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