La cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 38401/2025 torna ad occuparsi della configurabilità del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente, in un caso dove sono stati “considerati elementi fattuali di significato tutt’altro che univoco” per una una sentenza di condanna confermata in appello e che per inciso ha visto il Procuratore Generale presso la cassazione concludere “per l’inammissibilità del ricorso”.
La Suprema Corte premette che per la configurabilità del reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente, la destinazione all’uso personale della sostanza non ha natura giuridica di causa di non punibilità, sicché non è onere dell’imputato darne la prova, ma grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio quale elemento costitutivo del reato (Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020, Rv. 279614; Sez. 4, n. 39262 del 25/09/2008, Rv. 241468).
Nel caso in esame la Corte di appello ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato sulla base della quantità della droga detenuta (stante il principio attivo contenutovi, ne sarebbero ricavabili 103 dosi commerciabili), del possesso di denaro contante in tagli compatibili con singole cessioni di droga, di un bilancino di precisione (ritenuto funzionale al frazionamento delle dosi) e di un involucro con tracce di sostanza stupefacente.
In tal modo sono stati irragionevolmente considerati elementi fattuali di significato tutt’altro che univoco, perché il quantitativo di droga (13 grammi) e le modalità della sua custodia (in una scatola all’interno di uno zaino) erano ben compatibili con una destinazione della sostanza al consumo personale, mentre non è accertata l’esistenza di alcun indizio concreto specificamente collegabile a un’attività di spaccio in favore di terzi: non può essere valorizzata a tal fine la mera disponibilità di un bilancino (che ben può essere custodito in casa anche da un mero consumatore), né della somma di 110 euro.
Ne deriva che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste, mancando la prova della destinazione a terzi anche di parte della sostanza di cui l’imputato è stato trovato in possesso (Sez. 3, n. 21859 del 20/05/2025, Rv. 288303), con assorbimento del secondo motivo di ricorso.
In tema, ricordiamo che la Cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 32483 dell’1 ottobre 2025 ha bacchettato i giudici di merito che hanno ritenuto “la destinazione a terzi dello stupefacente sulla base dell’elevato quantitativo, assumendo senz’altro la incompatibilità con l’esclusivo uso personale, della suddivisione in ovuli circolari e della presenza di un bilancino di precisione”: https://terzultimafermata.blog/2025/10/06/stupefacenti-e-destinazione-allo-spaccio-quando-errare-e-umano-ma-perseverare-e-diabolico-riccardo-radi/
