Criticare il provvedimento del giudicante si può ma con “prudenza”.
Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza numero 167/2025 ha riformato (con la censura) la sentenza del CDD che aveva applicato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per mesi quattro.
Il CNF ha ricordato che benché l’avvocato possa e debba utilizzare fermezza e toni accesi nel sostenere la difesa della parte assistita o nel criticare e contrastare le decisioni impugnate, tale potere/dovere trova un limite nei doveri di probità e lealtà, i quali non consentono di trascendere in comportamenti non improntati a correttezza e prudenza, se non anche offensivi, che ledono la dignità della professione.
Il diritto-dovere di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario mai può travalicare i limiti del rispetto della funzione giudicante, sia con riferimento alla persona del giudicante sia al suo operato e alla funzione esercitata, riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico, con pari dignità rispetto alla funzione della difesa.
