Licio Gelli e il suo Piano di rinascita democratica: la parte destinata alla magistratura e la previsione della separazione delle carriere (Vincenzo Giglio)

Come era prevedibile, la campagna referendaria sulla separazione delle carriere continua ad avere un notevole spazio nel circuito massmediatico e non passa quasi un giorno senza che nuove dichiarazioni e prese di posizione si inseriscano nel dibattito e ne generino altre a cascata.

Tra i temi ricorrenti c’è quello della coincidenza della riforma con uno degli obiettivi del “Piano di rinascita democratica” (allegato alla fine del post), un documento sequestrato nel 1982 a Maria Grazia Gelli, figlia di Licio Gelli, gran maestro della loggia P2.

Il Piano, unanimemente attribuito a quest’ultimo e considerato il manifesto del programma eversivo della P2, è stato acquisito agli atti della Commissione bicamerale d’inchiesta su tale loggia massonica, costituita nell’VIII Legislatura e presieduta dalla deputata democristiana Tina Anselmi.

Nella relazione finale della Commissione così fu valutata la natura ultima della P2:

«la Loggia P2 consegna alla nostra meditazione una operazione politica ispirata ad una concezione pre-ideologica del potere, ambìto nella sua più diretta e brutale effettività; un cinismo di progetti e di opere che riporta alla mente la massima gattopardesca secondo la quale “bisogna che tutto cambi perché tutto resti com’era”: così per GELLI, per gli uomini che lo ispirano da vicino e da lontano, per coloro che si muovono con lui in sintonia di intenti e di azioni, sembra che tutto debba muoversi perché tutto rimanga immobile. La prima imprescindibile difesa contro questo progetto politico, metastasi delle istituzioni, negatore di ogni civile progresso, sta appunto nel prenderne dolorosamente atto, nell’avvertire, senza ipocriti infingimenti, l’insidia che esso rappresenta per noi tutti – riconoscendola come tale al di là di pretestuose polemiche, che la gravità del fenomeno non consente – poiché esso colpisce con indiscriminata, perversa efficacia, non parti dei sistema, ma il sistema stesso nella sua più intima ragione di esistere: la sovranità dei cittadini, ultima e definitiva sede del potere che governa la Repubblica».

Qualche giorno fa, in occasione di una visita al carcere di Secondigliano, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha inteso replicare alle dichiarazioni rese in un’intervista al quotidiano La Repubblica dal Dr. Aldo Policastro, attuale Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Napoli, che ha sostenuto la tesi dell’attribuibilità a Gelli del disegno di separazione delle carriere.

Così descrive l’episodio il Fatto Quotidiano (a questo link per la consultazione):

Io non conosco il piano della P2. Posso dire che se l’interpretazione o meglio l’opinione del signor Licio Gelli era un’opinione giusta, non si vede perché non si dovrebbe seguire perché l’ha detto lui. Le verità non dipendono da chi le proclama, ma dall’oggettività che rappresentano”. Così, a margine di una visita al carcere di Secondigliano con il candidato governatore del centrodestra in Campania Edmondo Cirielli, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato le parole del procuratore generale di Napoli Aldo Policastro, che in un’intervista a Repubblica dei giorni scorsi aveva ricordato come la riforma della separazione delle carriere fosse uno dei punti del “Piano di rinascita democratica” della loggia eversiva guidata da Licio Gelli. “Se Gelli ha detto che Gesù è morto in croce, non per questo dobbiamo dire che è morto di polmonite e anche che l’orologio rotto segna due volte al giorno l’ora giusta. Se anche Gelli è inciampato nella verità non per questo la verità non è più la verità”, afferma Nordio”.
Preso atto di questa contrapposizione, è arrivato il momento di andare alla fonte, il Piano, e capire cosa vi fu teorizzato specificamente riguardo alla magistratura.

Nella parte dedicata agli obiettivi, si scrisse che “la magistratura […] deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi”.

Tuttavia, “Governo, Magistratura e Parlamento rappresentano invece obiettivi successivi, accedibili soltanto dopo il buon esito della prima operazione [la quale, secondo il Piano, mirava ai partiti politici, alla stampa e ai sindacati, NDA], anche se le due fasi sono necessariamente destinate a subire intersezioni e interferenze reciproche, come si vedrà in dettaglio in sede di elaborazione dei procedimenti. 3. Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell’operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l’eterogeneità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati, nonchè pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40 unità”.

Nella parte riguardante gli scopi fu precisato che “Gli scopi reali da ottenere sono: 4. Governo, Magistratura e Parlamento […] E’ evidente che si tratta di obiettivi nei confronti dei quali i procedimenti divengono alternativi in varia misura a seconda delle circostanze.

E’ comunque intuitivo che, ove non si verifichi la favorevole circostanza di cui in prosieguo, i tempi brevi sono – salvo che per la Magistratura – da escludere essendo i procedimenti subordinati allo sviluppo di quelli relativi ai partiti, alla stampa e ai sindacati, con la riserva di una più rapida azione nei confronti del Parlamento ai cui componenti è facile estendere lo stesso modus operandi già previsto per i partiti politici.

Per la Magistratura è da rilevare che esiste già una forza interna (la corrente di magistratura indipendente della Ass. Naz. Mag.) che raggruppa oltre il 40% dei magistrati italiani su posizioni moderate. E’ sufficiente stabilire un accordo sul piano morale e programmatico ed elaborare una intesa diretta a concreti aiuti materiali per poter contare su un prezioso strumento, già operativo nell’interno del corpo anche al fine di taluni rapidi aggiustamenti legislativi che riconducano la giustizia alla sua tradizionale funzione di elementi di equilibrio della società e non già di eversione”.

Nella parte riferita ai programmi, fu individuata una “emergenza a breve termine” la quale comprendeva, tra l’altro, l’Ordinamento giudiziario.

Per questo specifico aspetto – si scrisse – “le modifiche più urgenti investono:

  • la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;
  • il divieto di nomina sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari;
  • la normativa per l’accesso in carriera (esami psicoattitudinali preliminari);
  • la modifica delle norme in tema di facoltà libertà provvisoria in presenza dei reati di eversione – anche tentata – nei confronti dello Stato e della Costituzione, nonchè di violazione delle norme sull’ordine pubblico, di rapina a mano armata, di sequestro di persona e di violenza in generale”.

Quanto ai programmi a medio e lungo termine, fu menzionato nuovamente l’Ordinamento giudiziario e si descrissero così le riforme necessarie:

I – unità del Pubblico Ministero (a norma della Costituzione – articoli 107 e 112 ove il P.M. è distinto dai giudici);

II – responsabilità del Guardasigilli verso il Parlamento sull’operato del P.M. (modifica costituzionale);

III – istruzione pubblica dei processi nella dialettica fra pubblica accusa e difesa di fronte ai giudici giudicanti, con abolizione di ogni segreto istruttorio con i relativi e connessi pericoli ed eliminando le attuali due fasi di istruzione;

IV – riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento (modifica costituzionale);

V – riforma dell’ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile;

VI – esperimento di elezione di magistrati (Costit. art. 106) fra avvocati con 25 anni di funzioni in possesso di particolari requisiti morali”.

Nella parte dell’organigramma necessario per l’attuazione del Piano fu inserita una specifica sezione riferita alla magistratura o, per meglio dire, alle cariche magistratuali l’adesione dei cui titolari era ritenuta un obiettivo da perseguire: ne facevano parte i vertici della Corte di cassazione ed ancora i vertici delle Corti di appello, delle Procure generali presso le Corti di appello, dei tribunali e delle Procure presso i tribunali e i consiglieri istruttori (i capi degli uffici istruzione) delle sedi giudiziarie di Roma, Milano, Torino, Venezia, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Catanzaro e Palermo

Era questo quindi il modo in cui Licio Gelli, quantomeno per ciò che teorizzò nel Piano di rinascita, intendeva riconfigurare il potere giudiziario ed impadronirsene per i suoi fini eversivi.

Alcune parti di questo suo disegno meritano di essere sottolineate.

Colpisce anzitutto la metodologia, evidentemente frutto di una visione, che il capo della P2 intendeva usare per attrarre la magistratura nelle sue trame: non una guerra di conquista ma un’alleanza.

Vi si poteva arrivare, secondo Gelli, per vie interne alla magistratura stessa, stabilendo un accordo con Magistratura Indipendente, la corrente che più di ogni altra rappresentava l’ala moderata dell’ordine giudiziaria. L’intesa che aveva in mente prevedeva, come si è letto, “concreti aiuti materiali per poter contare su un prezioso strumento, già operativo nell’interno del corpo anche al fine di taluni rapidi aggiustamenti legislativi che riconducano la giustizia alla sua tradizionale funzione di elementi di equilibrio della società e non già di eversione”.

La storia dimostra che le previsioni di Gelli erano largamente sbagliate, tanto che, quando fu trovato l’elenco degli aderenti alla P2, si apprese che tra le centinaia di personaggi delle istituzioni, solo quattordici di essi erano magistrati.

Fa comunque specie che nel Piano si considerasse la magistratura un potere scalabile con accordi piuttosto che con i metodi adottati dal regime fascista.

Quanto al resto del programma, si è ugualmente letto che Gelli immaginava una magistratura civilmente responsabile, assente dalla stampa, testata psicoattitudinalmente, meritocratica e separata.

Dice il vero, in conclusione, chi afferma che la separazione delle carriere era voluta anche da Gelli e non sembra proprio una compagnia da banalizzare con frasi ad effetto.