Giudizio abbreviato ammesso e poi revocato: provvedimento abnorme ricorribile in cassazione (Riccardo Radi)

Giudizio abbreviato ammesso e poi revocato, la cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 31869/2025 ricorda che l’ordinanza di revoca del giudizio abbreviato, adottata al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 441-bis cod. proc. pen., rientra nella categoria dei provvedimenti viziati da abnormità strutturale per “carenza del potere in concreto” del giudicante.

Fatto:

Dagli atti del fascicolo (peraltro allegati in copia al ricorso) risulta che: – – con decreto del 30 luglio 2024 il Pubblico ministero ha citato a giudizio D.A. per rispondere del delitto di minaccia grave;

la fase di comparizione predibattimentale ex art. 554-bis, cod. proc. pen. si è protratta per più udienze; – dopo un primo rinvio, all’udienza del 10 aprile 2025, l’imputato ha chiesto il giudizio abbreviato ordinario e, contestualmente, il giudice ha “ammesso” (rectius ha disposto) il rito, rinviando al 24 aprile 2025 per la discussione;

– in quell’udienza, il giudice ha ‘revocato il provvedimento di ammissione del rito abbreviato”, spinto da ragioni non completamente Intellegibi li, dato che sono frutto di interlocuzioni verbali, non sempre chiare, ricavabili dalle trascrizioni.

Si comprende comunque che, secondo il giudice, il fatto sarebbe diverso da quello contestato, poiché riconducibile all’art. 610 cod. pen. e quindi il giudizio abbreviato deve essere revocato al fine di consentire al Pubblico ministero di modificare l’imputazione nei termini ritenuti corretti.

Decisione:

La Suprema Corte premette che è pacifico che il rito abbreviato, una volta instaurata, non è suscettibile di revoca, se non nei casi tassativamente previsti dall’art. 441-bis cod. proc. pen. ovvero: – quando, nei casi di integrazione istruttoria disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, il pubblico ministero procede alle contestazioni previste dall’articolo 423, comma 1, l’imputato chiede che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie (comma 1); – quando, a seguito delle contestazioni, si procede per delitti puniti con la pena dell’ergastolo (comma 1-bis, inserito dall’art. 2, comma 1, legge n. 33 del 2019).

Al riguardo la Corte di cassazione, anche a Sezioni Unite (cfr. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte), ha chiarito che «l’ordinamento processuale non contempla la possibilità di revocare il giudizio abbreviato, già ammesso, al di fuori delle ipotesi espressamente regolate dalla legge. L’unico caso disciplinato in proposito dal legislatore è quello di cui all’art. 441-bis, comma 4, cod. proc. pen. che prevede un’ipotesi di revoca obbligatoria dell’ordinanza su richiesta dell’imputato in presenza di nuove contestazioni ai sensi dell’art. 423, comma 1, cod. proc. pen.».

Solo per completezza va ricordato che ora si aggiunge l’ipotesi, pria di rilevanza nella specie, di cui al comma 1-bis, inserita dall’art. 2, comma 1, L. n. 33 del 2019. Le Sezioni Unite Bell’Arte hanno stabilito che l’art. 441-bis cod. proc. pen. ha natura eccezionale — come risulta sia dalla sua esegesi letterale sia dalla sua collocazione logico-sistematica — e hanno precisato che: «Il richiamo del canone ermeneutico ubi voluit dixit assume, quindi, in tale contesto, una precisa e significativa valenza: esso consente di affermare che il legislatore ha voluto prevedere casi tipici di revoca dell’ordinanza introduttiva del rito e ha voluto escludere la revocabilità del giudizio al di fuori della situazione esplicitamente regolata nell’art. 441-bis cod. proc. pen.

Quest’ultima disposizione è una norma di carattere eccezionale e, dunque, non suscettibile di generalizzazione o di applicazione in via analogica» (così in motivazione Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bel l’A rte).

In merito all’abbreviato c.d. “ordinario” (o “secco”), instaurato cioè nella modalità non condizionata, questa la cassazione ha specificato che la possibilità di revocare l’ammissione al rito non insorge nemmeno nel caso in cui l’imputato abbia a sua volta revocato la relativa richiesta, trattandosi di facoltà non attribuitagli dall’ordinamento processuale se non nell’ipotesi disciplinata dall’art. 441-bis cod. proc. pen. (cfr. tra le altre Sez. 1, n. 25858 del 15/06/2006, Miccio, Rv 235260).

Nella specie il giudizio abbreviato c.d. ordinario, una volta disposto, è stato revocato per ragioni che paiono riconducibili alla volontà del giudice di consentire al pubblico ministero la modifica del capo di imputazione, vale a dire l’esercizio di una facoltà che il rito abbreviato (già disposto) gli avrebbe precluso.

Tali ragioni esulano dalle ipotesi eccezionali di cui all’art. 441-bis cod. proc. pen.

Occorre allora chiedersi se il provvedimento di revoca sia soltanto illegittimo o anche abnorme, dato che il codice di procedura penale non prevede espressamente l’impugnabilità di un siffatto provvedimento; pertanto solo la sua abnormità consente la proposizione del ricorso per cassazione. A proposito del vizio che affligge l’eventuale provvedimento di revoca del rito abbreviato adottato dal giudice si è ritenuto — con orientamento consolidato, avallato anche della Sezioni Unite (cfr. In motivazione Sez. U, n. 41461 del 19/07/201 2, Bell’Arte) —che l’ordinanza di revoca del giudizio abbreviato è affetta da abnormità (cfr. tra le altre Sez. 2, n. 13969 del 10/04/2020, Russell°, Rv. 3279035- 01; Sez. 6, n. 17716 del 17/04/2014, Russell°, Rv. 259344- 01; Sez. 6, n. 22480 del 08/05/2013, Bujor, Rv. 256645 – 01; Sez. 3, n. 9921 del 12/11/2009, dep. 2010, Majouri, Rv. 246326 – 01; Sez. 6, n. 21168 del 28/03/2007, Argese, Rv. 237081 – 01).

Si registrano due pronunce apparentemente distoniche (Sez. 6 n. 471 27 del 18/10/2023, Azrouri, Rv. 285530 – 01; Sez.5, n. 1 5691 del 4/5/2020, Trupo, Rv. 279165), le quali tuttavia non possono considerarsi foriere di effettivo e perdurante contrasto, dato che riguardano un caso molto specifico (revoca del l’abbreviato disposto a seguito di decreto di giudizio immediato affetto da nullità).

Il collegio intende ribadire l’inquadramento del vizio nella categoria della abnorm ità. 4.3.1. I caratteri della abnormità si trovano delineati in plurime decisioni della Corte di cassazione e possono essere sintetizzati come segue sulla scorta dell’ultima decisione delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 10869 del 12/12/2024, dep. 2025, D.L.).

L’abnormità è “strutturale” quando il provvedimento del giudice costituisca espressione di un potere non attribuito dall’ordinamento processuale, dunque adottato in una situazione di “carenza di potere in astratto”; ovvero quando esso sia manifestazione di un potere riconosciuto dall’ordinamento, ma esercitato al di fuori dei casi consentiti, in un contesto processuale del tutto diverso da quella previsto dalla legge e, dunque, in una situazione di “carenza di potere in concreto”.

L’abnormità, invece, è “funzionale” quando il giudice abbia esercitato un potere riconosciutogli dall’ordinamento, ma il provvedimento emesso comporti una stasi del procedimento ovvero un’impossibilità di proseguirlo: fattispecie che si verifica non tanta perché il provvedimento abbia comportato un regresso del procedimento ad un grado o ad una fase precedente (regresso che comporterebbe, di regola, la mera illegittimità del provvedimento, e, in assenza di espressa previsione legislativa, la non ricorribilità della relativa decisione), bensì unicamente quando esso imporrebbe al pubblico ministero il compimento di un atto nullo, come tale rilevabile nel corso del successivo procedimento (Sez. U, n. 42603 del 13/07/2023, El Karti, Rv. 285213 – 02; Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, Rv. 283552 – 01; Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715 -01; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590 -01).

Seguendo tali indicazioni è possibile affermare che l’ordinanza di revoca del giudizio abbreviato, adottata al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 441-bis cod. proc. pen., rientra nella categoria dei provvedimenti viziati da abnormità strutturale per “carenza del potere in concreto”.

Invero una siffatta ordinanza costituisce manifestazione di un potere riconosciuto dall’ordinamento (quello di revoca del rito), ma esercitato al di fuori delle ipotesi eccezionali (contemplate dall’art. 441 bis cod. proc. pen.) in cui il codice di rito consente l’esercizio di quel potere.

Discende che l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per la celebrazione del giudizio abbreviato c.d. “ordinario”.