Quando la motivazione delle sentenze confonde anziché spiegare (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 18090/2025, udienza del 19 febbraio 2025, offre utili chiarimenti sulla fenomenologia delle distorsioni del patrimonio conoscitivo provocate da motivazioni inadeguate.

Il vizio di travisamento della prova chiama in causa, in linea generale, le distorsioni del patrimonio conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudizio.

In particolare, tre sono le figure di patologia della motivazione riconducibili al vizio in esame:

– la mancata valutazione di una prova decisiva (travisamento per omissione);

– la situazione opposta, che si manifesta nell’utilizzazione di una prova non acquisita al processo (cd. travisamento per invenzione);

– ed infine, il caso forse più frequente, costituito dall’utilizzazione di una prova sulla base di un’erronea ricostruzione del relativo “significante” (cd. travisamento delle risultanze probatorie).

In tutti questi casi, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Rv. 238215). Infatti, il vizio in questione vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, perché ciò comporterebbe la violazione del persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, Rv. 234605).

L’elemento travisato deve assumere portata decisiva e grava sul ricorrente l’onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere.

Quanto poi all’illogicità della motivazione, l’art. 606, lett. e, cod. proc. pen., richiede il grado di manifesta, cioè un grado di severità tale da costituire, per la assoluta maggioranza, se non per la totalità dei consociati, un incontrovertibile ed evidente salto nella consequenzialità causa-effetto o comunque nella formulazione del sillogismo nella interpretazione del fatto.

In assenza di un tale ‘abuso della logica comune’, incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, sono irrilevanti, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio, entro il quale ogni elemento sia contestualizzato, che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione (così, tra moltissime, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, Rv. 271227; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Rv. 254988).

Un commento

  1. Ancora una volta e’ una sentenza illogica. “L’elemento travisato deve assumere portata decisiva”. In sentenza di condanna, tutti gli elementi a favore della difesa, che non siano inventati o impossibili, sono decisivi. Perche’ non sta alla difesa portare la prova che abbia una “portata decisiva” dell’innocenza, ma sta all’accusa superare quel ragionevole dubbio che appare ogni volta che ci sia un elemento a favore della difesa.

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