Sequestro probatorio di smartphone e sua restituzione previa estrazione della copia forense: l’avente diritto che chiede il riesame non deve dimostrare la disponibilità esclusiva dei dati ivi contenuti, essendo la stessa in re ipsa (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 23672/2025, 3 giugno/18 luglio 2025, ha affermato che, nel caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all’avente diritto previa estrazione di “copia forense”, sussiste di per sé l’interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, senza necessità della dimostrazione relativa alla disponibilità esclusiva di quanto ivi contenuto, essendo lo “smartphone” un dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate.

La più recente giurisprudenza di legittimità formatasi sul tema del sequestro probatorio di dispositivi informatici ha stilato un vero e proprio percorso motivazionale e delle regole di acquisizione dei dati rilevanti cui il pubblico ministero deve attenersi nel motivare e nell’eseguire il decreto di sequestro probatorio.

La motivazione, in particolare, deve specificare:

a) le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa le specifiche informazioni oggetto di ricerca;

b) i criteri che devono presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, giustificando, altresì, l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi dal perimetro temporale dell’imputazione provvisoria;

c) i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 6, n. 17312 del 15/2/2024, Rv. 28635803).

Una volta individuati i requisiti della motivazione del sequestro probatorio, nell’ottica di garantire il principio di proporzionalità ed escludere il sequestro indiscriminato di interi archivi informatici, si pone anche la necessità di individuare i limiti relativi alla fase di selezione del materiale acquisito mediante la creazione della copia informatica.

È stato affermato che il pubblico ministero:

a) non può trattenere la c.d. copia integrale dei dati appresi se non per il tempo strettamente necessario alla loro selezione;

b) è tenuto a predisporre una adeguata organizzazione per compiere la selezione in questione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano stati sequestrati a persone estranee al reato per cui si procede;

c) compiute le operazioni di selezione, la copia integrale deve essere restituita agli aventi diritto (Sez. 6, n. 34265 del 22/9/2020, Rv. 27994902).

Come si è ulteriormente ribadito, l’attuazione della legittima finalità di sequestrare beni, ai fini delle determinazioni relative all’esercizio dell’azione penale o della prova nel giudizio, non deve eccedere quanto strettamente necessario rispetto al fine perseguito e deve, dunque, essere realizzata in forme che, pur garantendone l’effettività, si rivelino adeguate alla tutela degli altri diritti di rilievo costituzionale meritevoli di protezione e il cui esercizio non pregiudichi le esigenze cautelari perseguite.

Ne consegue che il pubblico ministero, all’atto dell’adozione della misura cautelare reale e nella sua successiva dinamica esecutiva, e il giudice, nella fase del controllo di questa misura, devono evitare che il vincolo reale, eccedendo le proprie finalità ed esorbitando dall’alveo dei propri effetti tipici, comporti un’esasperata compressione dei diritti fondamentali della persona attinta dal vincolo reale, eccedendo quanto strettamente, necessario rispetto al fine perseguito (Sez. 6, n. 17479 del 4/2/2025, n.m.).

La violazione del principio di proporzionalità non può neppure essere superata demandando alla fase esecutiva dell’estrapolazione dei dati la perimetrazione di quelli rilevanti.

In effetti, la giurisprudenza già citata ha ampiamente chiarito come l’indicazione dei criteri di selezione e dei tempi di esecuzione di tali operazioni non può che essere contenuta nel decreto che dispone il sequestro, costituendo un presupposto di legittimità della misura.

Per quanto concerne, infine, il profilo relativo all’interesse del ricorrente ad impugnare il decreto di sequestro “omnicomprensivo”, si deve dare atto che, secondo alcune pronunce, ove il vincolo riguardi dispositivi elettronici, contenenti dati informatici, già restituiti all’avente diritto in esito all’estrazione di “copia forense”, è ammissibile la richiesta di riesame finalizzata alla verifica della proporzionalità del mezzo di ricerca della prova rispetto ai dati personali non rilevanti a fini investigativi nel solo caso in cui sia dimostrata la sussistenza di un interesse concreto ed attuale alla disponibilità esclusiva dei dati contenuti nella copia estratta (Sez. 2, n. 37409 del 10/9/2024, Rv. 286989).

Si tratta di una soluzione che, invero, non pare condivisibile, posto che a fronte del sequestro di dispositivi elettronici per loro natura “personali” in quanto in uso esclusivo del titolare (qual è la tipica ipotesi del sequestro del cellulare), l’interesse alla perimetrazione del sequestro e all’esclusione dell’apprensione massiva dei dati è, sostanzialmente, in re ipsa.

Si ritiene, pertanto, meritevole di condivisione il principio secondo cui in caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all’avente diritto previa estrazione di “copia forense”, sussiste di per sé l’interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, senza necessità della dimostrazione relativa alla disponibilità esclusiva di quanto ivi contenuto, essendo lo “smartphone” un dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate (Sez. 6, n. 17878 del 3/2/2022, Rv. 283302).