La nomina dell’avvocato di fiducia non è sufficiente per dimostrare la conoscenza del processo da parte dell’imputato.
La Cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 35234/2025 ha ricordato che ieri come oggi, è sempre necessario verificare il rispetto dei requisiti sia formali sia sostanziali delle notificazioni, essendo onere del Tribunale accertare la conoscenza della vocatio in ius da parte dell’imputato, evitando presunzioni di sorta; – in questa prospettiva, la nomina di un difensore di fiducia, da parte dell’imputato, intervenuta in un procedimento ormai in corso, non sana il vizio della notifica eventualmente verificatosi.
La Suprema Corte evidenzia che nella sentenza di primo grado si dà atto dei plurimi rinvii (12 ottobre 2020, 17 dicembre 2020, 15 luglio 2021, 7 aprile 2022, 19 gennaio 2023) disposti dal Giudice per sanare la rilevata irregolarità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio e di come, all’udienza del 16 novembre 2023, avendo ritenuto infine la notifica regolare, fosse dichiarata l’assenza dell’imputato, l’apertura del dibattimento e, in mancanza di questioni preliminari, venissero ammesse le prove (a seguito di ulteriore rinvio, il 19 dicembre 2024, l’istruttoria era chiusa ed il giudice pronunciava sentenza).
Non emerge, dunque, la prova che l’imputato sapesse dell’esistenza del processo.
Sul punto è il caso di ricordare che: – ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), il giudice procede in assenza dell’imputato, quando l’imputato è stato citato a comparire a mezzo di notificazione dell’atto in mani proprie o di persona da lui espressamente delegata al ritiro dell’atto, quando l’imputato ha espressamente rinunciato a comparire, quando ritiene che l’imputato abbia effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all’udienza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole o quando l’imputato sia stato dichiarato latitante o si sia in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo; – la nomina di un difensore di fiducia è legislativamente costruita, dalla stessa disposizione, quale possibile mero indizio, di per sé non sufficiente, della conoscenza del processo da parte dell’imputato; tale disciplina è stata ispirata dai principi precedentemente espressi dalla cassazione (in particolare, da Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420), la quale aveva chiarito come, ai fini della dichiarazione di assenza, non potesse considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo avesse avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa; – ieri come oggi, è dunque sempre necessario verificare il rispetto dei requisiti sia formali sia sostanziali delle notificazioni, essendo onere del Tribunale accertare la conoscenza della vocatio in ius da parte dell’imputato, evitando presunzioni di sorta; – in questa prospettiva, la nomina di un difensore di fiducia, da parte dell’imputato, intervenuta in un procedimento ormai in corso, non sana il vizio della notifica eventualmente verificatosi; – sebbene non dedotto in appello, il vizio dà luogo ad una nullità assoluta, suscettibile di essere dedotta e rilevata anche in Cassazione, e tale da travolgere gli atti successivi, compresa la sentenza impugnata.
Ciò è quanto accaduto nel caso di specie.
Per le ragioni esposte, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza di primo grado e, di conseguenza, della sentenza impugnata, r
