Tutela della propria identità e della sua rappresentazione artefatta dalla diffusione di immagini o voci di persone reali prodotte o modificate mediante sistemi di intelligenza artificiale (Redazione)

Si segnala la proposta di prendere in considerazione di istituire nel nostro ordinamento un “diritto d’autore personale” prendendo in considerazione il modello danese (allegata al post la proposta di legge per l’introduzione degli articoli 96-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, e 612-quater del codice penale nonché modifica all’articolo 275 del codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di diffusione di immagini o voci di persone reali prodotte o modi ficate mediante sistemi di intelligenza artificiale ).

Il tema del diritto sovrano sulla propria identità e sulla sua rappresentazione. Gli strumenti penali e civili attuali si dimostrano spesso inadeguati a cogliere il disvalore specifico di questa nuova forma di abuso.

La presente analisi intende delineare le fondamenta per istituire anche nel nostro Paese, ispirandosi anche all’innovativo mo dello danese, un « diritto d’autore personale », spostando il focus della tutela dal danno conseguente alla violazione originaria del diritto sulla propria persona.

Questo approccio trasforma l’identità in un bene giuridico protetto da un diritto di natura proprietaria, personale e inalienabile, fornendo strumenti di difesa più efficaci e radicali per contrastare alla radice i modelli di commercio basati sullo sfruttamento dell’identità digitale altrui. L’approccio della Danimarca alla rego lamentazione dei deepfake si distingue per la sua natura strategica e multilivello, combinando la repressione penale con l’istituzione di nuovi diritti civili. Questo modello non si limita a una singola legge, ma crea un ecosistema normativo volto a fornire una protezione robusta e completa.

Il primo pilastro della strategia danese è rappresentato dalla Sezione 264-e del codice penale danese, introdotto dalla legge 8 marzo 2022, n. 292.

Questa norma, concepita per affrontare le sfide della digitalizzazione, punisce non solo l’impersonificazione tradizionale, ma introduce una fattispecie specifica per la « manipolazione indebita dell’aspetto di un’altra persona ».

Trattasi di disposizioni pensate per coprire i casi di deepfake, citando come esempio emblematico l’inserimento del volto di una vittima in materiale pornografico per far sembrare che abbia partecipato ad attività sessuali. Un elemento chiave della norma è il requisito che la manipolazione sia « in debita ».

Questo criterio di valutazione consente ai tribunali di bilanciare la tu tela della persona con la libertà di espres sione, escludendo dalla sanzione penale usi legittimi come la parodia, la satira o la creazione artistica, specialmente quando coinvolgono figure pubbliche.

La pena prevista è una multa o la reclusione da sei mesi fino a tre anni, fornendo un deter rente penale diretto contro i creatori di contenuti malevoli.

Il secondo e più innovativo pilastro è la proposta di modifica del Copyright Act danese, annunciata nel giugno 2025.

Questa riforma mira a stabilire un principio rivoluzionario: il diritto al proprio corpo, alla propria voce e ai propri tratti somatici.

Tale iniziativa non nasce dal nulla, ma si innesta su un quadro normativo che già offre una solida protezione alle opere fotografiche (Danish Copyright Act, legge 23 ottobre 2014, n. 1144).

La nuova legge, di fatto, estende un principio di controllo autoriale dall’opera creata dal fotografo alla persona stessa, riconoscendola come autrice di sé.

L’obiettivo dichiarato di questa riforma è rendere illegale la condivisione di deepfake e altre imitazioni digitali non autorizzate.

Colpendo la diffusione e non solo la creazione, la legge mira a distruggere alla radice la viralità del fenomeno e i modelli di business che su di essa si fondano.

L’approccio legislativo danese è integrato in una più ampia consapevolezza politica e strategica del problema.

Ne è prova l’accordo politico trasversale rag giunto nel Parlamento danese nel giugno 2024, con cui i partiti si sono impegnati volontariamente a non utilizzare deepfake di avversari politici nelle campagne elettorali senza esplicito consenso e a etichettare chiaramente qualsiasi contenuto generato da sistemi di IA.

Questa iniziativa dimostra una comprensione matura della minaccia che i deepfake rappresentano per il dibattito democratico.

L’efficacia del modello danese non risiede in una singola legge, ma nella sinergia stra tegica tra i due pilastri.

La legge penale agisce come uno scudo reattivo, definendo l’atto di manipolazione indebita come un crimine e punendo l’autore.

La riforma del diritto d’autore, invece, agisce come una spada proattiva, istituendo un diritto di proprietà fondamentale sull’identità digitale della persona.

La violazione di que sto diritto non è più solo un « danno » o un « abuso », ma un’infrazione di un di ritto esclusivo, analoga al plagio o alla pirateria.

Questa combinazione crea un deterrente molto più potente: la sanzione penale colpisce il singolo creatore, mentre il diritto d’autore permette alla vittima di agire economicamente contro chiunque diffonda o tragga profitto dalla violazione — incluse le piattaforme e i siti internet — attaccando direttamente il modello di commercio che alimenta il fenomeno.

Si tratta di un sistema a « doppia chiave » che offre una tutela completa sia a livello statale (repressione del crimine) sia a livello individuale (controllo, risarcimento e prevenzione).

Per tradurre i princìpi esposti in un intervento normativo concreto, si propone un’azione legislativa su due fronti: una modifica alla legge sul diritto d’autore e l’introduzione di una nuova fattispecie criminosa nel codice penale.

Relativamente alla legge sul diritto d’au tore (legge n. 633 del 1941), si propone l’introduzione di un nuovo articolo, che stabilisca il principio del diritto d’autore personale, mentre per garantire una risposta repressiva adeguata, è necessario introdurre nel codice penale un reato specifico che punisca la creazione e la diffusione di deepfake non autorizzati, su perando le inadeguatezze delle norme attuali.

La nuova fattispecie qui proposta, con l’introduzione dell’articolo 612-quater del codice penale, presenta vantaggi significativi.

In primo luogo, non richiede la prova di un « danno ingiusto » come elemento costitutivo del reato; la condotta è punita in quanto violazione del diritto d’autore personale, configurandosi come un reato di pericolo astratto.

La lesione del diritto è sufficiente a integrare il reato, senza che l’accusa debba dimostrare un ulte riore pregiudizio, semplificando enorme mente l’onere probatorio.

In secondo luogo, la norma proposta è più specifica e mi rata alla violazione dell’identità.

Infine, una legge efficace richiede meccanismi di attuazione robusti, in particolare per quanto riguarda il ruolo e le responsabilità delle piattaforme digitali, principali vettori di diffusione dei deepfake.

La natura virale e potenzialmente devastante dei deepfake impone il superamento del tradizionale regime di protezione (safeharbor) previsto dal decreto legislativo n. 70 del 2003 e dal regola mento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativo a un mercato unico dei servizi digitali (cosiddetto « Digital Services Act » (DSA)) per questa specifica categoria di illeciti