La cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 28457/2025, in tema di misure cautelari personali, ha ricordato che l’omesso interrogatorio dell’indagato nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto in flagranza dovuto a causa di forza maggiore, pur non impedendo la convalida dell’arresto e la contestuale applicazione di una misura coercitiva, impone il successivo espletamento dell’interrogatorio di garanzia nei termini di cui all’art. 294 cod. proc. pen., pena l’immediata perdita di efficacia dell’ordinanza genetica ex art. 302 cod. proc. pen.
Fattispecie relativa al mancato reperimento di un interprete per l’udienza di convalida.
La Suprema Corte rileva che né il giudice della cautela né il Tribunale del riesame hanno colto l’essenza della questione posta dalla istanza difensiva che, è vero, richiama la categoria della nullità e la riferisce alla convalida dell’arresto, ma espone anche una circostanza molto chiara: l’indagato è stato sottoposto, in sede di indagini preliminari, alla misura della custodia cautelare in carcere senza essere mai stato interrogato.
Il nodo cruciale è rappresentato, quindi, non dalla nullità dell’interrogatorio di convalida di arresto e dai riflessi sulla misura cautelare (tema per il quale valgono i principi espressi dai giudici di merito), ma dal mancato espletamento dell’interrogatorio di garanzia.
A mente dell’art. 390 cod. proc. pen., in sede di udienza di convalida di arresto, il giudice procede all’interrogatorio dell’arrestato, se possibile.
Nel caso in cui l’arrestato sia uno straniero che non conosce la lingua italiana, l’impossibilità di reperire tempestivamente un interprete integra una ipotesi di forza maggiore che non impedisce la decisione del giudice sulla legittimità dell’operato della polizia giudiziaria (Sez. 4, n. 4649 del 15/01/2015, Baatar, Rv. 262034 – 01).
Una tale condizione, però, non esime il giudice dall’obbligo di effettuare l’interrogatorio in un momento successivo e nei ristretti limiti temporali indicati dalla legge.
L’art. 294, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che il giudice che ha deciso in ordine all’applicazione della misura cautelare, se non vi ha proceduto nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, effettua l’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia.
Nel comma 2 è previsto che nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l’interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell’impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso.
Pertanto, qualora, come nella specie, in sede di udienza di convalida l’interrogatorio non venga effettuato per ragioni di forza maggiore, il successivo titolo custodiale è legittimamente emesso ma il giudice per le indagini preliminari è tenuto ad espletare l’interrogatorio di garanzia ex art 294 cod. proc. pen., proprio perché, in mancanza di interrogatorio nell’udienza di convalida, tornano applicabili le regole generali in tema di esecuzione dei provvedimenti di coercizione personale di cui agli artt. 291 e ss. cod. proc. pen. (cfr. in tema di fermo Sez. 6, n. 146 del 22/01/1992, Quarta, Rv. 189441 – 01).
Deriva che, ove l’interrogatorio di garanzia non venga esperito nel termine previsto dall’art 294 cod. proc. pen., la custodia cautelare perde efficacia, a norma dell’art. 302 cpp (Sez. 6, n. 837 del 04/03/1991, Bottone, Rv. 190043 – 01), e la difesa può formulare istanza di liberazione (Sez. 6, n. 29214 del 06/07/2021, Hajdaraj, Rv. 281826 – 01; Sez. 6, n. 6761 del 07/11/2013, dep. 2014, Calvigioni, Rv. 258993 – 01).
La successiva traduzione, in lingua nota all’arrestato, dell’ordinanza cautelare non svolge effetto sanante, né può sostituirsi all’interrogatorio, poiché assolve solo all’obbligo di contestazione ma non anche a quello di acquisizione delle eventuali difese della persona sottoposta a misura cautelare. Nella fattispecie in esame la causa di forza maggiore è cessata già nel pomeriggio del 13 maggio 2024, quando l’interprete è stato convocato dal GIP per il conferimento dell’incarico di tradurre l’ordinanza cautelare.
L’indagato doveva essere interrogato entro cinque giorni da quella data o comunque entro cinque giorni dalla notifica dell’ordinanza tradotta in lingua turca.
L’interrogatorio di garanzia non è mai stato espletato; quindi la custodia cautelare ha perso efficacia ex art. 302 cod. proc. pen.
L’inefficacia non è suscettibile di sanatoria e può essere dichiarata con effetto ex tunc, dato che il ricorrente ha maturato, ora per allora, il diritto a riacquistare lo status libertatis per omesso svolgimento dell’interrogatorio di garanzia nel termine di cinque giorni dall’esecuzione della misura (arg. da Sez. U, n. 3 del 28/01/1998, Budini, Rv. 210258 – 01).
L’istanza di revoca della misura cautelare, formulata dalla difesa il 21 febbraio 2025 (da cui ha avuto origine il presente subprocedimento), non ha esposto i termini giuridici della questione con la dovuta precisione, ma, pur senza citare l’art. 306 cod. proc. pen., ha comunque posto in risalto l’omesso interrogatorio di garanzia.
Si ritiene, pertanto, che la Suprema Corte — investita del ricorso su un appello ex art. 310 cod. proc. pen. preceduto da una autonoma istanza (erroneamente definita “di revoca”) e chiamata a pronunciarsi in merito agli effetti del mancato interrogatorio sulla persistente operatività della misura custodiale — possa estendere le proprie valutazioni al tema della inefficacia che, a ben vedere, l’originaria istanza aveva introdotto e l’odierno ricorso ha coltivato.
Deriva che l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio e che va dichiarata l’inefficacia della misura della custodia cautelare in carcere applicata al ricorrente con provvedimento del GIP del Tribunale di Palermo del 13/5/2024, con conseguente ordine di immediata liberazione di Y.H. se non detenuto per altra causa.
