Giudizio abbreviato e inutilizzabilità delle prove assunte in “violazione di un divieto probatorio”: indicazioni della cassazione (Riccardo Radi)

In tema di giudizio abbreviato, la cassazione sezione 3 con la sentenza numero 32019/2025 ha stabilito che sono inutilizzabili ai sensi dell’art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen., in quanto affette da patologia correlata alla “violazione di un divieto probatorio“, non tutte le prove assunte in “violazione dei divieti stabiliti dalla legge” ex art. 191, comma 1, cod. proc. pen., ma solo quelle acquisite in spregio di una regola contenutistica che priva il giudice del potere di assumerle o in violazione di regole procedimentali espressive di principi o disposizioni costituzionali o sovranazionali.

Fattispecie in cui la Suprema Corte ha escluso la deducibilità, nel giudizio abbreviato, della violazione dell’art. 63, comma 2, cod. proc. pen. a fronte di dichiarazioni indizianti rese da chi, escusso come persona informata sui fatti in fase di indagini, avrebbe dovuto essere sentito come indagato.

Un commento

  1. Trattasi dell’ennesima riprova della sussistenza di due dati:

    • tendenza giustizialistica della Corte di Cassazione, di recente sempre più allergica alla rilevabilità della sanzioni processuali in sede di rito abbreviato (dimenticandosi del vecchio adagio secondo il quale il rito abbreviato è a prova contratta non a legalità ridotta);
    • incapacità congenita del legislatore di offrire indicazioni normative chiare e secche, che non consentano elusioni ovvero interpretazioni estensive della norma (se all’art. 438 comma 6 bis c.p.p. ci si fosse limitati ad indacare la rilevabilità in sede di rito abbreviato sia di tutte le nullità che di tutte le inutilizzabilità, con l’ovvia eccezione di quelle c.d. fisiologiche legate al solo dibattimento, non vi sarebbe alcuno spazio di siffatte interpretazioni giustizialiste).-

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