Processata e condannata da morta: la donna che visse due volte … ma solo per il tribunale (Abate Faria)

La Corte di appello di Roma ha condannato una donna che è deceduta il 12 agosto 2017.

La vicenda tra il macabro e il surreale è avvenuta a Roma, il 18 giugno 2025, davanti alla corte di appello sezione 1 che a distanza di 8 anni dalla morte dell’imputata ha celebrato il processo di appello ed ha confermato la condanna per il reato di ricettazione.

Viene in mente il celebre film di Alfred Hitchcock, “La donna che visse due volte”, aggiungiamo noi, ma solo per il tribunale.

Come è potuto accadere?

Diciamo che celebrare processi a distanza di molti anni dai fatti, e nel caso specifico, a ben 9 anni dall’impugnazione e procedendo alle notifiche presso lo studio dei difensori (che magari hanno perso ogni contatto con gli assistiti, capita molto più spesso di quanto si creda), la normalità dell’udienza in camera di consiglio senza partecipazione delle parti, dovrebbe consigliare ai giudici di chiedere alle cancellerie di verificare all’anagrafe, una volta si diceva l’esistenza in vita degli imputati.

Anche oggi l’INPS prevede un servizio che consente di accertare l’esistenza in vita dei pensionati che percepiscono il pagamento fuori dal territorio nazionale. Il controllo viene effettuato attraverso la spedizione di un modulo che va compilato e consegnato.

Quanto accaduto ricorda la figura di Papa Formoso che morì nell’896 e la sua salma venne sepolta nei sotterranei di San Pietro.

Formoso era inviso ai Duchi di Spoleto perché aveva consacrato come imperatore Arnolfo re di Germania cercando in lui un aiuto per contrastare l’invadenza negli affari di Roma e della Chiesa del casato spoletano.

A Formoso successe Bonifacio VI, morto in pochi giorni, e poi Stefano VI. Quest’ultimo timoroso per la sua incolumità per ingraziarsi i duchi spoletani si prestò al più orrendo e macabro dei processi.

Il Concilio Cadaverico, meglio noto in latino con il nome Synodus Horrenda, fu un processo ecclesiastico postumo contro Papa Formoso. Nei primi mesi del 987, Papa Stefano VI ordinò che il cadavere di Papa Formoso, fosse riesumato dalla sua tomba e vestito dei parametri pontificiali, fu seduto, se così si può dire, su una seggiola a braccioli e nella Basilica di Palazzo Laterano.

Così iniziò il più macabro dei processi che la storia ha tramandato.

Formoso venne sottoposto a un macabro interrogatorio, alle domande rivolte all’imputato cadavere rispondeva un giovane e sparuto diacono, e infine venne giudicato colpevole. 

Dopo essere stato giudicato colpevole il suo corpo venne strappato dalle vestimenta papali e gli vennero tagliate le tre dita con cui il Pontefice soleva benedire, volendo rendere invalido il suo papato e rendere il suo pontificato nullo. 

Il suo corpo venne oltretutto bruciato seppellito, fatto riesumare per poi venirgli applicati dei pesi addosso e venire gettato nel fiume Tevere.

Dal macabro processo alla salma di Formoso, torniamo ai giorni nostri e consigliamo ai giudicanti di procedere ad una semplice verifica, prima di celebrare processi nei confronti di chi è richiamato dall’aldilà per difendersi.

Anche perchè il prossimo rischio è dietro l’angolo, evitiamo di emettere ordine di esecuzione.