Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 33757/2025, 2/14 ottobre 2025, ha riaffermato l’orientamento interpretativo per il quale, in sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito opera necessariamente prima del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta.
La decisione Volpe della Sezioni unite (SU, n. 45583 del 25/10/2007, Volpe, Rv. 237691-01), affermò il principio secondo cui, nel caso di reati sottoposti al medesimo giudizio di cognizione, la «riduzione di pena, nella misura prevista dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. in caso di condanna nel giudizio abbreviato, dev’essere effettuata dal giudice dopo che la pena è stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli artt. 71 ss. c.p., fra le quali vi è anche la disposizione dell’art. 78, limitativa del cumulo materiale, per cui la pena della reclusione, in tal caso, non può essere superiore ad anni trenta».
L’evoluzione giurisprudenziale ha tenuto fermo il principio in questione, ribadendo che, nel giudizio di cognizione, la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena è stata determinata in osservanza delle norme sulla continuazione, tra le quali vi è anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, prevista dall’art. 78 cod. pen., in forza della quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta.
Nel giudizio di cognizione, inoltre, tale disposizione deve essere applicata anche nelle ipotesi in cui si discuta dell’applicazione della disciplina della continuazione tra il reato per cui si procede ed altro reato per il quale sia intervenuta sentenza irrevocabile (tra le altre, Sez. 4, n. 827 del 21/11/2017, dep. 2018, Rv. 271751 – 01; Sez. 4, n. 48820 del 19/10/2016, Rv. 268332 – 01).
Tuttavia, tale regola generale non trova applicazione nelle ipotesi, analoghe a quelle in esame, in cui si controverta dell’applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva tra una pluralità di reati giudicati all’esito di giudizio abbreviato. In questo caso, infatti, la riduzione di pena per il rito speciale deve essere applicata prima del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore alla misura di trent’anni di reclusione.
Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 5, n. 43044 del 04/05/2015, Rv. 265867 – 01, secondo cui: «In sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito opera necessariamente prima del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta».
Né tale diverso ordine applicativo del criterio moderatore del cumulo materiale di cui all’art. 78 cod. pen., si pone in contrasto con gli artt. 3, 13, 24 e 27 Cost., trovando ragionevole giustificazione nella diversità di situazioni determinata dall’efficacia preclusiva che, in seno al procedimento di esecuzione, discende dall’intangibilità del giudicato.
È utile, in proposito, sottolineare, richiamando ancora Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, Volpe, cit., che l’evidente «disparità di moduli applicativi nelle sequenze procedurali di determinazione della pena, […] trova solida e razionale base giustificativa, oltre che nell’oggettiva diversità – non di mero fatto bensì giuridica – delle situazioni processuali (processo unitario e cumulativo o pluralità di processi in tempi diversi, per più reati, contro la stessa persona; giudizio di cognizione o di esecuzione), anche e soprattutto nell’efficacia preclusiva derivante dal principio d’intangibilità del giudicato» (Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, Volpe, cit.).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che, pur essendo incontroverso che il limite edittale nell’irrogazione delle pene detentive temporanee, nella misura stabilita dall’art. 78 cod. pen., operi anche nella fase dell’esecuzione, per effetto della previsione dell’art. 80 cod. pen., la giurisprudenza di legittimità è ripetutamente intervenuta per circoscriverne la portata e il perimetro applicativo, nel senso che l’obbligatorietà della formazione del cumulo nell’esecuzione di pene concorrenti non significa affatto che un soggetto, il quale abbia riportato più condanne a pene detentive temporanee, non possa rimanere detenuto nel corso della sua vita per un periodo eccedente quello massimo indicato in trent’anni, essendo tale limite, per evidenti esigenze di prevenzione speciale, riferibile solo alle pene inflitte per i reati commessi prima dell’inizio della detenzione (tra le altre, Sez. 1, 23/4/2004 n. 26270, Rv. 228138 01; Sez. 5, 11/6/2004 n. 39946, Rv. 230135 – 01).
