Il CNF con la sentenza numero 165/2025 ha ribadito che in difetto di un legittimo impedimento, ovvero di una comprovata strategia difensiva concordata con il cliente (con relativo onere probatorio a carico di chi intenda addurla), pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante trascuratezza” (art. 26 cdf), non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto processuale o di udienza.
Incolpazione:
“Violazione degli art.12 e 26 C.D.F. per non essersi presentato nelle udienze sottoindicate quale difensore di fiducia dei seguenti imputati ….All’esito dell’istruttoria il CDD ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 26 CDF per la reiterata assenza alle udienze in sei distinti procedimenti penali in cui l’incolpato era il difensore di fiducia degli indagati.
La difesa dell’avvocato:
In primo luogo, evidenzia il generale disinteresse mostrato dagli assistiti nei confronti del procedimento penale, sottolineando l’assenza di qualsiasi contestazione o iniziativa da parte loro.
Si tratterebbe di imputati stranieri, indagati per reati cosiddetti predatori (rapina, furto aggravato, ecc.), i quali, a fronte di un quadro probatorio univoco, avrebbero avuto l’unico in tento di dilatare i tempi processuali.
Inoltre gli assistiti non avrebbero fornito alcun elemento utile alla difesa né provveduto al pagamento di compensi o anticipi sulle spese necessarie.
A tal proposito il ricorrente rileva che, in mancanza di contatti con gli imputati, il rapporto fiduciario non avrebbe potuto consolidarsi.
Tuttavia, nello stesso ricorso, si riconosce che il rapporto professionale si era formalmente instaurato a seguito della nomina fiduciaria conferita dagli assistiti alla polizia giudiziaria durante la fase di identificazione.
In tale contesto, il ricorrente ammette l’opportunità (rectius doverosità) di una rinuncia al mandato da parte del difensore che non si trovi nelle condizioni di continuare la difesa, ma adduce a giustificazione il preteso rapporto con i clienti e le pressioni ricevute al fine di adottare tecniche dilatorie.
In secondo luogo, il ricorrente osserva come l’assenza alle udienze dei vari procedimenti penali – sebbene non apparentemente concordata con gli assistiti – non abbia precluso (ma anzi fosse coerente con) il raggiungimento degli scopi prefissati dagli stessi assisti, ovvero la dilazione dei tempi processuali.
Sotto altro profilo, si osserva come la mancata presenza alle udienze sia stata irrilevante in quanto il ruolo di difensore dell’incolpato sarebbe stato “fungibile” con quello di qualsiasi altro legale.
La decisione del CNF:
In difetto di un legittimo impedimento, ovvero di una comprovata strategia difensiva concordata con il cliente (con relativo onere probatorio a carico di chi intenda addurla), pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante trascuratezza” (art. 26 cdf), non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto processuale o di udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete conseguenze negative o addirittura la presenza di vantaggi per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Brienza), sentenza n. 165 del 23 giugno 2025
