L’avviso di perquisizione: boutade o realtà? (Riccardo Radi)

Pronto avvocato stiamo andando a fare una perquisizione da … , ci vediamo tra due ore e in attesa che arrivi le faccio preparare un caffè?”.

L’avviso di perquisizione secondo il Fatto Quotidiano è contenuto nella bozza di riforma al Codice di procedura penale in gestazione a via Arenula.

L’avviso si sostanzierebbe nell’avvertire il difensore dell’indagato che dovrà “essere atteso per due ore prima dell’inizio delle operazioni”.

La domanda sorge spontanea diceva Lubrano e nel frattempo chi controlla che l’indagato non si limiti a preparare un caffè?

La domanda è capziosa diranno alcuni. perché nella bozza si legge l’avviso dovrà essere dato solo “dopo aver assunto misure provvisorie dirette ad evitare l’alterazione dello stato dei luoghi o delle persone”, misure finalizzate a scongiurare “l’inquinamento dell’oggetto su cui occorre svolgere indagini” si legge sempre nella bozza di riforma della Commissione presieduta da Antonio Mura, capo dell’ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia.

Facile a dirsi ma difficile in pratica da realizzarsi.

Come osserva il dottor Marco Bisogni, pm della Direzione distrettuale antimafia di Catania e membro del CSM: “Si può o non si può entrare nell’abitazione in attesa di perquisirla? Chi si trova nel luogo da perquisire e non è indagato può allontanarsi?”.

Sono tante le domande che si pongono, ricordiamo che tra l’enunciazione del principio astratto (magari suggestivo ed anche condivisibile, bisogna permettere all’avvocato di essere presente) c’è la realtà pratica che nasconde tante insidie.

Per esempio in caso di ricerche effettuate in più luoghi contemporaneamente o in strutture vaste, servirebbero un esercito di uomini in divisa per monitorare e tenere tutto sotto controllo in attesa dell’arrivo dell’avvocato.

Come diceva quella simpatica pubblicità. “Una telefonata può salvare una vita”.

Attendiamo lumi dal Ministero e in attesa ricordiamo il presente che non è proprio da inquisizione stile Torquemada.

Preliminarmente rammentiamo che, ai sensi dell’art. 365 del codice di rito (intitolato “Atti ai quali il difensore ha diritto di assistere senza avviso“) “Il pubblico ministero, quando procede al compimento di atti di perquisizione o sequestro, chiede alla persona sottoposta alle indagini, che sia presente, se è assistita da un difensore di fiducia e, qualora ne sia priva, designa un difensore di ufficio a norma dell’articolo 97 comma 3.

2. Il difensore ha facoltà di assistere al compimento dell’atto, fermo quanto previsto dall’articolo 249.

3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 364 comma 7“.

Tali disposizioni si applicano, giusta la previsione dell’art. 370, co. 2, cod. proc. pen., anche quando la polizia giudiziaria provveda al compimento di atti di perquisizione e sequestro su delega del pubblico ministero, come avvenuto nel caso in esame.

Orbene, come è stato osservato in dottrina, la previsione dell’art. 365, cod. proc. pen., rappresenta uno svolgimento, piuttosto che un’eccezione, dell’art. 364 del medesimo codice, in quanto il primo comma del citato art. 365 enuclea una categoria di atti, perquisizioni e sequestri, del pari garantiti, ma meno intensamente di quelli indicati dai commi primo e terzo dell’art. 364, cod. proc. pen., giacché, mentre questi ultimi fondano un vero e proprio diritto del difensore al previo avviso, quelli di cui si discute, secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 365, cod. proc. pen., fondano una semplice facoltà del difensore, di fiducia o di ufficio, di “assistere al compimento dell’atto, proprio in ragione della natura di “atto a sorpresa” della perquisizione e del sequestro, la cui fruttuosità potrebbe essere in tutta evidenza facilmente compromessa in caso di previo avviso del loro compimento al difensore.

Proprio in considerazione della natura di “atti a sorpresa” della perquisizione e del sequestro, da tempo la giurisprudenza di legittimità si è attestata sul condivisibile principio, secondo il quale, a norma dell’art. 365 cod. proc. pen., richiamato anche dall’art. 370 stesso codice, il difensore ha la facoltà di assistere al compimento di atti di perquisizione o di sequestro, ma tale diritto non può giustificare la sospensione o l’arresto dell’atto di indagine, in attesa dell’eventuale arrivo del difensore (di fiducia o d’ufficio) per l’occasione nominato: ciò in quanto il difensore ha la facoltà di assistere al compimento dell’atto in funzione di assistenza dell’indagato purché sia prontamente reperibile, cosicché il compimento dell’atto non può restare sospeso o bloccato in attesa del suo eventuale arrivo, ma può egualmente avere corso (cfr. Sez. F, n. 27372 del 25/07/2006, Rv. 235169).

Investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 365, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 24, Cost., “nella parte in cui non prevede che il p.m. durante la perquisizione svolta in assenza dell’indagato, dia avviso delle operazioni al difensore di fiducia o di ufficio, previa nomina di quest’ultimo ove occorra”, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 251 del 1990, ha giudicato tale questione manifestamente infondata, proprio “perché, con riguardo alle perquisizioni locali, nessun avviso al difensore è prescritto dalla legge in ordine al compimento delle operazioni, sia o non presente ad esse la persona sottoposta alle indagini e a prescindere dall’avvenuta nomina di un difensore di fiducia o dall’avvenuta designazione di un difensore di ufficio da parte del pubblico ministero (la stessa rubrica dell’art. 365 parla, chiaramente, di “atti ai quali il difensore ha diritto di assistere senza avviso”), dato che la perquisizione è atto, per sua natura, sempre urgente e riservato, perché ha come presupposto, ai fini della sua efficacia, l’elemento della sorpresa (cfr. sentenza n. 123/74), caratteristica propria anche della fattispecie delineata dal codice di procedura penale del 1988″.

Per espressa previsione normativa, dunque, nel caso in cui la polizia giudiziaria proceda al compimento di atti di perquisizione e sequestro su delega del pubblico ministero, non è posto a suo carico l’obbligo di dare previo avviso dello svolgimento di tali operazioni al difensore di fiducia o di ufficio, che ha solo la facoltà (rectius il diritto) di essere presente al compimento dell’atto, dovendo la polizia giudiziaria solo accertare, nel caso in cui l’indagato sia presente al compimento dell’atto di perquisizione e sequestro, se quest’ultimo sia assistito o meno da un difensore di fiducia e, in caso contrario, procedere alla nomina di un difensore di ufficio, in modo da consentire all’indagato di avvalersi dell’assistenza di un difensore tecnico in sede di esecuzione del provvedimento del pubblico ministero di perquisizione e sequestro, in conformità a quanto previsto dall’art. 365, co. 2, cod. proc. pen., restando a carico dell’indagato la scelta di farsi assistere o meno da un difensore, di fiducia o di ufficio, prontamente reperibile.

Di maggiore intensità appare, invece, la garanzia prevista dall’art. 114, disp att. cod. proc. pen., relativo agli atti compiuti di iniziativa dalla polizia giudiziaria (intitolato “Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore “), secondo il cui disposto “Nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia“.

Come chiarito, infatti, dalla giurisprudenza della Suprema Corte il legislatore ha previsto l’avviso ex art. 114 cit. soltanto in relazione agli atti di cui all’art. 356 cod. proc. pen. in considerazione della vocazione probatoria di questi ultimi e della conseguente necessità di controllo della regolarità dell’operato della polizia giudiziaria, sicché, in tema di sequestro probatorio, l’obbligo di dare avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., sussiste solo in caso di sequestro eseguito su iniziativa della polizia giudiziaria e non anche in caso di sequestro delegato dal pubblico ministero, trattandosi di soggetto inserito nell’ambito dell’ordinamento giudiziario e dotato di ampie garanzie di indipendenza ai sensi dell’art. 107 Cost, avviso, peraltro, che non necessita di formule sacramentali, purché sia idoneo al raggiungimento dello scopo, ovvero quello di avvisare colui che non possiede conoscenze tecnico-processuali del fatto che, tra i propri diritti, vi è la facoltà di nominare un difensore che lo assista durante l’atto (cfr. Sez. 3, n. 10400 del 11/02/2021, Rv. 281565; Sez. 3, n. 40530 del 05/05/2015, Rv. 264827; Sez. 3, n. 23697 del 01/03/2016, Rv. 266825).