Un volto noto della RAI presenta una querela sentendosi diffamato perché nominato vice direttore dell’informazione di Rai 1, si attribuiva una connotazione marcatamente politica all’incarico ricevuto dallo stesso e svalutandone la portata e il prestigio (“…alla vicedirezione di Rai 1, la scorsa estate erano attivati con tanto di nomina il leghista …con il compito di occuparsi di rubriche, informazioni e territorio, che è un po’ come quando ti dico che fanno il consulente!”.
La Cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 27853/2025 ha stabilito che, in tema di diffamazione, qualora la notizia abbia ad oggetto l’influenza delle forze politiche o di altri fattori sui mezzi di informazione, ai fini del giudizio sulla configurabilità della scriminante dell’esercizio del diritto di critica, occorre tener conto dell’esigenza, essenziale di uno Stato democratico, di assicurare un pubblico dibattito sul pluralismo informativo, sempreché le espressioni pronunciate non si traducano in un attacco aggressivo alla persona offesa privo di ogni giustificazione nel contesto della più ampia critica politica che si vuole veicolare ai cittadini.
Nella specie, la Suprema Corte ha affermato la sussistenza della scriminante relativamente ad espressioni contenute in un articolo, pubblicato su un giornale “on line”, in tema di “lottizzazione” delle nomine dei vertici Rai, osservando che il lettore medio, dalla lettura complessiva del testo, avrebbe potuto comprendere la natura di critica politica anche delle affermazioni contestate come diffamatorie.
Nel caso in esame, dalla lettura dell’articolo rispetto al quale è stata presentata dall’I. tempestiva querela si evince che esso ha ad oggetto il tema, oggetto di ampio dibattito nella stampa e all’interno dell’opinione pubblica, dell’influenza politica sulle nomine della RAI.
Tema sul quale, peraltro, il dibattito ha una grande rilevanza a fronte del diritto dei cittadini a sapere se il servizio pubblico è o meno influenzato nel rendere le notizie dalle convergenze politiche.
Per quanto osservato, sussiste invero un elevato livello di protezione della libertà di espressione quando le osservazioni formulate vertono su un argomento di interesse generale, quale è senza dubbio – con riferimento alla fattispecie che ne occupa – quello che riguarda le ipotizzate interferenze della politica nelle nomine dei vertici del servizio pubblico di informazione radiotelevisivo, atteso che vi è un diritto del cittadino ad essere informato sull’incidenza che dette interferenze possono assumere rispetto al proprio diritto ad una informazione pluralista.
Come ha chiarito da ultimo la Corte costituzionale, difatti, il pluralismo dell’informazione, valore centrale in un ordinamento democratico, va ricondotto all’art. 21 Cost. e allo stesso carattere democratico della Repubblica, in quanto l’informazione, nei suoi risvolti attivi e passivi (libertà di informare e diritto ad essere informati) esprime una condizione preliminare (o un presupposto insopprimibile) per l’attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico (Corte Cost., sent. n. 44 del 2025).
Deve di conseguenza essere enunciato il principio in forza del quale, in tema di diffamazione, qualora la notizia abbia ad oggetto l’influenza della politica o di altri fattori sugli stessi mezzi di informazione, la scriminante di cui all’art. 51 cod. pen. deve essere vagliata tenendo conto dell’esigenza, portato essenziale di uno Stato democratico, di assicurare un pubblico dibattito sul pluralismo informativo, rinvenendosi, dunque, l’unico limite ad essa in un attacco aggressivo alla persona privo di ogni giustificazione nel contesto della più ampia critica politica che si vuole veicolare ai cittadini.
