Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 33749/2025, 9/14 ottobre 2025, ha ribadito che incorre nella violazione dell’obbligo di motivazione dettato dagli artt. 125, comma terzo, cod. proc. pen. e 111, comma sesto, Cost. il giudice d’appello che, nell’ipotesi in cui le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state censurate dall’appellante con specifiche argomentazioni, confermi la decisione del primo giudice, dichiarando di aderirvi, senza però dare compiutamente conto degli specifici motivi d’impugnazione, così sostanzialmente eludendo le questioni poste dall’appellante.
Il principio è stato affermato a fronte della coesistenza di due atti d’appello nell’interesse dell’imputato, il primo presentato dal difensore d’ufficio e il secondo presentato dal difensore di fiducia subentrato a quello d’ufficio.
Nel caso di specie la Corte di appello si è pronunciata esclusivamente sulla prima impugnazione, dando così luogo alla causa di nullità rilevata dal collegio decidente.
Provvedimento impugnato
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello ha confermato la decisione con cui il Tribunale aveva riconosciuto AM colpevole del reato di cui all’articolo 13, comma 13, d.lgs. n. 286 del 1998 e, per l’effetto, lo aveva condannato alla pena ritenuta equa.
Secondo il conforme accertamento dei giudici del merito AM, destinatario del decreto di espulsione emesso dal prefetto di L. ed eseguito con imbarco sul volo in partenza dall’aeroporto di Roma, aveva fatto nuovamente ingresso nel territorio nazionale senza la speciale autorizzazione del Ministro dell’interno e prima della scadenza del termine fissato nel provvedimento di espulsione.
Ricorso per cassazione
Avverso la predetta sentenza AM, per mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione articolando due motivi.
Con il primo deduce violazione delle norme processuali di cui al combinato disposto degli articoli 177 e 178, comma 1 lett. c), cod. proc. pen.
Lamenta che la Corte di appello ha del tutto pretermesso la valutazione dell’atto di impugnazione proposto dal difensore di fiducia, subentrato al difensore d’ufficio, quando non era ancora spirato il termine proporre impugnazione.
Tale omessa valutazione ha determinato la nullità della sentenza impugnata perché ha impedito all’imputato di esercitare il diritto di intervento nel processo valutativo effettuato dal giudice garantitogli dall’ordinamento processuale.
La violazione è ancora più grave ove si consideri che l’atto di impugnazione tempestivamente proposto dal difensore di fiducia sviluppa doglianze e censure ulteriori e differenti rispetto a quelle formulate dal difensore di ufficio nell’unico atto di impugnazione valutato dalla Corte etnea.
Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione.
Lamenta che la Corte di appello non ha fornito risposta alle differenti e ulteriori deduzioni formulate dal difensore di fiducia nell’atto di impugnazione pretermesso.
Si tratta di carenze argomentative su temi decisivi quali la disapplicazione della norma incriminatrice per contrasto con la direttiva rimpatri 2008/115/CE del Parlamento europeo e del consiglio del 16 dicembre 2008, la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. e l’erronea applicazione dell’aumento per la recidiva reiterata.
Decisione della Suprema Corte
Entrambi i motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni poste, sono fondati nei termini chiariti nel prosieguo.
Risulta dagli atti che AM ha conferito, in data 20 febbraio 2024, all’avv. FDI mandato ad impugnare la sentenza emessa dal Tribunale in data 14 dicembre 2023 e confermata dalla Corte di appello con la decisione impugnata in questa sede.
Risulta altresì che l’avv. FDI ha proposto appello in data 27 febbraio 2024, quindi tempestivamente considerato il termine di giorni trenta indicato dal Tribunale per il deposito della motivazione.
Nell’atto di appello l’avv. FDI, nella qualità di unico difensore di fiducia dell’imputato, ha sviluppato una pluralità di censure, chiedendo, tra l’altro, l’assoluzione del suo assistito non solo per la sussistenza della causa di giustificazione dello stato di necessità ma anche dell’esercizio di un diritto, quantomeno nella forma putativa, invocando la disapplicazione della norma incriminatrice contestata per contrasto con le norme euro unitarie nonché contestando l’apparato argomentativo a sostegno sia della denegata applicazione della causa di proscioglimento di cui all’art. 131-bis cod. pen. sia dell’applicazione della recidiva.
Su questi specifici temi la Corte d’appello, che evidentemente si è limitata ad esaminare le censure proposte nel diverso atto di appello depositato dal difensore d’ufficio, non ha fornito alcuna risposta.
Tanto basta per ritenere sussistente il denunciato vizio di omessa motivazione.
È orientamento pacifico della giurisprudenza di legittimità che incorre nella violazione dell’obbligo di motivazione dettato dagli artt. 125, comma terzo, cod. proc. pen. e 111, comma sesto, Cost. il giudice d’appello che, nell’ipotesi in cui le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state censurate dall’appellante con specifiche argomentazioni, confermi la decisione del primo giudice, dichiarando di aderirvi, senza però dare compiutamente conto degli specifici motivi d’impugnazione, così sostanzialmente eludendo le questioni poste dall’appellante.
Nella stessa prospettiva è stato affermato che è affetta da nullità per difetto di motivazione la sentenza di appello. che, in presenza di specifiche censure su uno o più punti della decisione impugnata, si limita al mero e tralatizio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, posto che, pur se il gravame ripropone questioni di fatto già dedotte e decise in prime cure, è tenuto a motivare, in modo puntuale e analitico, su ogni punto devoluto, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente (tra le tante, Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, Rv. 271700 – 01; Sez. 3, n. 27416 del 01/04/2014, Rv. 259666 – 01; Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, dep. 2014, Rv. 259316 – 01 e Sez. 1, n. 11721 del 14/03/2025, Rv. 287771 – 01 secondo cui la mancanza assoluta di motivazione e la motivazione meramente apparente integrano il vizio di violazione di legge deducibile ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., venendo in rilievo l’inosservanza dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., che, in ossequio a quanto prescritto dall’art. 111, comma sesto, Cost., prevede che le sentenze e le ordinanze debbano essere motivate a pena di nullità.).
In definitiva, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello.
