Fermo di indiziati di delitto: nozione del pericolo di fuga (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, 33156/2025, 26 settembre/7 ottobre 2025, in tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, ha chiarito che la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione “ex ante”, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilità che l’indagato si potesse dare alla fuga e che tale pericolo non può dirsi superato in conseguenza della sopravvenuta effettività della fuga, continuando a sussistere anche quando l’indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile.

Provvedimento impugnato

Il GIP, con ordinanza del 30 maggio 2025, non convalidava il fermo di indiziato di delitto disposto nei confronti di CS e IS, entrambi gravemente indiziati dei delitti di concorso in rapina e lesioni personali pluriaggravate.

Ricorso per cassazione

Propone ricorso il Procuratore della Repubblica lamentando, con un unico motivo, vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle condizioni per eseguire la misura precautelare del fermo stante che, il giudice delle indagini preliminari, non aveva tenuto conto delle circostanze raffigurate dalla polizia giudiziaria e consistenti nello stato di irregolari dei due indagati immigrati clandestini, nella fuga degli stessi dal luogo di consumazione dei fatti, nei gravi precedenti penali a carico di entrambi.

Decisione della Suprema Corte

Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.

Occorre premettere che con l’atto di impugnazione il PM ha contestato la valutazione espressa dal GIP circa l’assenza del pericolo di fuga dei due indagati, così attenendosi ai limiti dell’impugnazione prevista dall’art. 391, comma 4, cod. proc. pen. secondo il quale contro l’ordinanza che decide sulla convalida, il PM o il fermato possono proporre ricorso per cassazione.

In ordine al merito dell’impugnazione va ricordato che, secondo l’interpretazione giurisprudenziale di legittimità, in tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione “ex ante”, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilità che l’indagato si potesse dare alla fuga (Sez. 2, n. 52009 del 04/10/2016, Rv. 268511-01); e si è anche affermato come il “pericolo di fuga” atto a giustificare il fermo dell’indiziato di un delitto non può dirsi superato in conseguenza della sopravvenuta effettività della fuga, e sussiste anche quando l’indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” deve intendersi solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia (Sez. 2, n. 48367 del 20/10/2011, Rv. 252048 – 01). 

Sotto altro profilo, nondimeno, secondo la giurisprudenza di legittimità, non può neppure pretendersi che l’indagato abbia già attuato, o cominciato ad attuare, la fuga, perché ciò priverebbe di significato la misura precautelare, essendo invece sufficiente la ragionevole probabilità che il medesimo, ove non si intervenisse, farebbe perdere le sue tracce e ciò perché gli specifici elementi dai quali assumere il pericolo di fuga non devono essere tali da poter fornire la prova diretta del progetto di fuga; infatti, essendo la fuga un avvenimento futuro ed incerto, la probabilità del suo verificarsi può essere desunta da elementi indiziari.

Da quanto precede si evince che l’apprezzamento del requisito del pericolo di fuga, affinché possa legittimamente disporsi il fermo di indiziato di delitto ai sensi dell’art. 384, cod. proc. pen., rappresenta il portato di una valutazione “discrezionalmente vincolata”, rimessa dapprima agli organi inquirenti e quindi al GIP, avente ad oggetto un giudizio prognostico circa la rilevante plausibilità, ancorata a specifici e concreti (ossia obiettivi, consistenti e non meramente congetturali) elementi di fatto, che l’indagato, se lasciato in libertà, possa sottrarsi alle proprie responsabilità, rendendo conseguentemente infruttuosa la pretesa di affermazione, nei suoi confronti, della giustizia.

Nel caso in esame, risulta che i due indagati si erano dati alla fuga dopo l’aggressione in danno della vittima ed, altresì, che i medesimi sono stranieri già espulsi e rientrati da irregolari nel territorio italiano, che hanno fatto uso di vari alias per sfuggire all’identificazione, gravati da plurimi precedenti penali per gravi fatti di reato. 

Risulta pertanto che il pericolo di fuga al momento del fermo dei due indagati emergeva da plurime circostanze di fatto travisate dal GIP che legittimamente facevano ritenere alla polizia giudiziaria operante la possibile, se non addirittura probabile fuga degli indiziati di delitto.

In effetti, l’allontanamento dal luogo di consumazione del delitto, e la precedente espulsione dal territorio italiano ed il successivo ingresso da irregolari, l’utilizzo di alias e le precedenti condanne per fatti di reato anche gravi, sono tutti elementi che inducevano al momento dell’operato fermo legittima la valutazione effettuata dalle forze di polizia, poi varata dallo stesso PM con la richiesta di convalida successivamente inoltrata al GIP.

Ne consegue l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la dichiarazione di legittimità del fermo disposto dalla PG; si ricorda a questo proposito che l’annullamento, su ricorso del PM, dell’ordinanza di non convalida dell’arresto deve essere disposto senza rinvio, posto che il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato alla sola definizione della correttezza dell’operato della PG, sicché l’eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di concreti effetti giuridici (Sez. 3, n. 14971 del 10/11/2022, dep. 2023, Rv. 284323 – 01; Sez. 6, n. 13436 del 23/02/2016, Rv. 266734 – 01; Sez. 2, n. 21389 del 11/03/2015, Rv. 264026 – 01).