Esecuzione pena: alla Consulta l’articolo 656 comma 4-bis cpp (Riccardo Radi)

Si segnala che la Cassazione penale sezione 1 con l’ordinanza numero 32882 depositata il 6 ottobre 2025 (allegata al post) ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 4-bis, ultimo periodo, cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., laddove, ai fini dell’applicabilità della sospensione temporanea dell’ordine di esecuzione e dell’accesso al procedimento semplificato per l’attribuzione della liberazione anticipata, esclude la scindibilità del cumulo nel caso in cui questo includa anche pene irrogate per reati previsti dall’art. 4-bis ord. pen.

La cassazione premette che, il particolare meccanismo procedurale de quo è stato introdotto dall’art. 1 del d.l. n. 78 del 1 luglio 2013, convertito nella legge n.94 del 9 agosto 2013 (nell’ambito delle misure volte a fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento carcerario anche in considerazione di quanto statuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Torregiani c. Italia dell’8 gennaio 2013) e tende a rendere possibile la sospensione dell’ordine di esecuzione (di cui al comma 5 del medesimo art.656 cod.proc.pen.) attraverso il riconoscimento in via immediata della liberazione anticipata (art. 54 ord.pen.) nelle occasioni in cui l’entità della ‘pena scontata’ (sia in ragione della fungibilità tra custodia cautelare e pena che, appunto, in ragione della attribuzione dei periodi di liberazione anticipata maturati) renda possibile la sospensione della efficacia esecutiva del titolo.

Ciò perché, come è noto, il titolo esecutivo tranne le ipotesi di deroga di cui all’art.659 comma 9 – va sospeso in rapporto ad una determinata ‘quota’ di pena residua da espiare (pari ad anni quattro nella ipotesi ordinaria, in ragione dei contenuti della pronunzia n.41 del 2018 Corte cost.) .

Il meccanismo si pone in rapporto alla finalità essenziale dell’istituto della sospensione dell’ordine di esecuzione che, come è noto, è quella di consentire al condannato di proporre – da libero – la domanda di misura alternativa alla detenzione, evitando in tal modo l’ingresso di costui nel circuito carcerario (come rimarcato proprio da Corte cost. n.41 del 2018, ove si è affermato con nettezza che la natura servente dell’istituto oggetto del dubbio di legittimità costituzionale lo espone a profili di incoerenza normativa ogni qual volta venga spezzato il filo che lega la sospensione dell’ordine di esecuzione alla possibilità riconosciuta al condannato di sottoporsi ad un percorso risocializzante che non includa il trattamento carcerario).

Come ritenuto da Sez. IV n.48993/2017, rv 271157, la trasmissione degli atti al Magistrato di Sorveglianza ex art.656 comma 4 bis, affinchè provveda alla eventuale applicazione della liberazione anticipata – lì dove ciò possa incidere sulla sospendibilità del titolo esecutivo quoad poenam – è atto vincolato, tanto da poter dar luogo, in caso di omissione dell’adempimento, alla ipotesi di ingiusta detenzione per la emissione del titolo non sospeso.

La disposizione di legge in parola, tuttavia, contiene un divieto di applicazione espresso «nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’articolo 4 bis delle legge n.354 del 26 luglio 1975».

Si tratta di un divieto chiaro e inequivoco, che non tollera interpretazioni riduttive o, meno che mai, abrogative.

Il legislatore, in buona sostanza, ha voluto escludere dal cono applicativo della disposizione i soggetti che, in rapporto ai contenuti del titolo esecutivo, risultino condannati per uno dei reati ricompresi nell’elenco di cui all’art.4 bis ord.pen., senza operare distinzione alcuna tra l’ipotesi in cui l’attribuzione della liberazione anticipata (sul titolo ostativo) possa aprire la strada alla sospensione del titolo (che è, per l’appunto l’in sé della norma) e le altre.

Sotto tale profilo il provvedimento impugnato non contiene alcun vizio rilevabile nella presente sede di legittimità

La questione incidentale di legittimità costituzionale della disposizione in parola è, tuttavia, rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento ai principi espressi dagli articoli 3 e 27 Cost., per le ragioni che seguono… (segue il link dell’Ordinanza della Cassazione)