Attività di indagine del PM a favore dell’indagato: un precetto che continua a rimanere senza sanzione (Vincenzo Giglio)

Sono tante le definizioni proposte nel tentativo di cogliere l’essenza del pubblico ministero nell’ordinamento nazionale: parte imparziale, avvocato dell’accusa pubblica, organo di garanzia, ricercatore della verità.

Ognuna di esse esprime una visione particolare ma tutte sono accomunate da un’idea: che la funzione del pubblico ministero comprenda l’attenzione a chi si difende dalle accuse.

L’imparzialità non sarebbe tale se chi accusa si limitasse a cercare la conferma delle proprie tesi.

La pubblicità della funzione accusatoria, dovendo essere necessariamente collegata all’interesse non solo di punire i colpevoli ma anche di tenere indenni gli innocenti, sarebbe smentita ove interpretata in senso unilaterale.

La funzione garantistica, in quanto inscindibilmente connessa ai principi costituzionali, postula a sua volta il rispetto della presunzione di non colpevolezza che impone al pubblico ministero di inverarlo concretamente in ogni suo atto, non limitandosi soltanto a non ostacolare il contributo difensivo ma concorrendo attivamente col proprio così che l’innocenza, se c’è o se non è dimostrato che non ci sia, abbia la chance di emergere.

La verità, infine, dovrebbe essere una e una sola e alla sua affermazione il PM è tenuto a concorrere tanto quanto le altre parti.

Il precetto contenuto nell’art. 358, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen., laddove si afferma che [Il pubblico ministero] “svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini” è chiaramente associabile ad ognuna delle definizioni appena elencate.

La notorietà del dibattito generato da questo breve inciso esonera dal riproporlo in questo scritto.

Si vuole solo sottolinearne una caratteristica bizzarra: da un lato lo si utilizza come architrave a sostegno dell’idea del PM partecipe della “cultura della giurisdizione”, dall’altro la giurisprudenza di legittimità non ha ancora saputo o voluto trovare la strada per rendere effettiva questa petizione di principio.

Si arriva così ad una condizione paradossale, per la verità assai agevolata da un legislatore che, coniata la formuletta, l’ha abbandonata al suo destino senza munirla dei presidi necessari per imporne l’attuazione: il giudice, cioè colui che incarna per ruolo la menzionata cultura, ne esclude il pubblico ministero, avallandone il ruolo di parte ‘parziale’ e minimizzando o addirittura annullando quelle ulteriori caratteristiche che dovrebbero essergli invece connaturali secondo le tesi agiografiche citate in apertura.

E quindi, il PM è imparziale, garante e ricercatore di verità e giustizia solo se vuole esserlo. 

Serve offrire la prova di quanto si sta affermando.

La si ricava da un minuscolo campione di massime, comunque espressive di un indirizzo consolidato da anni e mai messo in discussione e rivisitato.

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 4042/2022, 22 ottobre 2021/4 febbraio 2022

La valutazione della necessità di accertare fatti e circostanze favorevoli spetta unicamente al PM, che agisce come organo di giustizia, non essendo vincolato, in tale veste, dalle indicazioni della difesa. Il dovere del PM di svolgere attività d’indagine a favore dell’indagato non è presidiato da alcuna sanzione processuale, sicché la sua violazione non può essere dedotta con ricorso per cassazione fondato sulla mancata assunzione di una prova decisiva (Sez. 3, n. 47013 del 13/07/2018 Cc. (dep. 16/10/2018) Rv. 274031-01).

Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 3507/2023, 20 giugno/18 agosto 2023

Il dovere del PM di svolgere attività di indagine a favore dell’indagato non è presidiato da alcuna sanzione processuale e comporta che qualsiasi doglianza in tal senso non può essere proposta con il ricorso per cassazione, trattandosi di una scelta non sindacabile in sede di giudizio di legittimità perché la valutazione in concreto circa la necessità o meno di accertare fatti e circostanze a favore dell’indagato spetta unicamente al PM (Sez. 3, n. 47013 del 13/07/2018, Rv. 274031 – 01; Sez. 1, n. 4042 del 22/10/2021, non massimata).

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 25349/2025, 27 maggio/9 luglio 2025

Il mancato svolgimento da parte del P.M. di attività d’indagine a favore dell’indagato (art. 358 cod. proc. pen.) non ha rilievo processuale alcuno e non determina alcuna nullità, alla luce del principio affermato dalla Corte di legittimità secondo cui l’inattività della pubblica accusa può essere sopperita dallo svolgimento delle attività di investigazione difensiva previste dagli artt. 391-bis e segg. cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 34615 del 23/06/2010, Rv. 248374 – 01).

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 25207/2025, 3 giugno/9 luglio 2025

Il mancato svolgimento da parte del PM di attività d’indagine a favore dell’indagato non ha rilievo processuale e non determina alcuna nullità, potendo all’inattività sopperire le indagini difensive, peraltro, nella specie effettuate.

Il PM non è vincolato alle indicazioni della difesa, posto che gli elementi a favore dell’imputato sono solo quelli di natura oggettiva e concludente ai fini decisori, non le mere posizioni difensive negatorie né le prospettazioni di tesi alternative o le diverse interpretazioni degli elementi indiziari, che restano assorbite nel complessivo apprezzamento operato dal giudice della cautela (in termini, Sez. 3, n. 47593 del 15/10/2024, Rv. 287275).

Pare che non serva altro.