Si restringe sempre più la possibilità di richiedere l’ipotesi tentata per il furto.
La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 32582 del 2 ottobre 2025 ha ribadito quanto espresso da Sez. 5, n. 17715 del 16/04/2025, Ibo, Rv. 288010 – 01, secondo cui «integra il delitto di furto nella forma consumata la condotta di chi, dopo aver acquisito la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se per breve tempo, venga bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva monitorato, posto che tale osservazione a distanza non solo non avviene ad opera della persona offesa o di suoi incaricati, ma neppure impedisce il conseguimento dell’autonomo possesso del bene prima dell’arresto in flagranza».
Tale decisione – muovendo dal piano argomentativo espresso da Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186-01 – ha condivisibilmente precisato che non ha rilevanza, ai fini della configurabilità della fattispecie nella forma consumata, l’osservazione a distanza della polizia, non solo quando sia frutto di un’iniziativa occasionale ma anche quando costituisca l’esito di una pregressa attività di indagine già in corso a carico del reo.
Difatti, «come si ricava dalla decisione delle Sezioni Unite […], consumazione e tentativo si distinguono in ragione della compromissione, o meno, dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice.
Nel furto, l’interesse protetto è quello della detenzione del bene da parte di chi ne ha diritto, per cui ove lo stesso è compromesso, il delitto è consumato.
Il furto si consuma nel momento e nel luogo in cui l’agente si impossessa della sottratta, giacché è tale requisito che accentra il disvalore di fattispecie e determina l’offesa all’interesse tutelato.
Non assumono rilievo né il dato spaziale, poiché la norma incriminatrice (a differenza di quella corrispondente dell’abrogato codice) non richiede lo spostamento della sottratta dal luogo della sottrazione ad altro luogo; né il dato temporale: il furto si consuma se l’agente consegue, anche solo per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.
Ne deriva che quando la esce dalla sfera di vigilanza e controllo della persona offesa il furto si consuma, quand’anche l’intervento di fattori casuali e successivi neutralizzi il consolidamento nel tempo dell’ingiusto profitto e dell’altrui danno patrimoniale» (Sez. 5, n. 17715/2025, cit.).
In sostanza, «il perno logico» di Sez. U, Prevete «ruota attorno alla considerazione della sfera di sorveglianza dell’offeso.
Quando la non è uscita dalla sfera di vigilanza dell’offeso (attuata anche tramite propri delegati) e l’offeso è ancora in grado di recuperarla, l’impossessamento non si perfeziona e il furto non può dirsi consumato.
Pertanto, affinché l’azione criminosa si cristallizzi alla fase del tentativo è necessario che il complesso delle cautele adottate dall’offeso consenta un contestuale intervento contenitivo all’interno di quella sfera: è soltanto in tale evenienza che è, a monte, impedita la compromissione dell’interesse tutelato e, correlativamente, l’agente non acquisisce, neppure per un istante, il possesso della cosa sottratta.
Da quanto precede deriva che, in caso di osservazione dell’azione furtiva, il furto è tentato se:
a) è possibile individuare una fase tra sottrazione e impossessamento di utile intervento difensivo;
b) tale intervento difensivo deve essere attuato dalla persona offesa, o direttamente o tramite i sistemi di osservazione/protezione dalla stessa predisposti».
Se, dunque, la distinzione tra consumazione e tentativo è «imperniat[a] sulla sfera di vigilanza della persona offesa (esercitata anche tramite dipendenti, mandatari, incaricati, siano essi privati o forze dell’ordine)», diviene irrilevante al riguardo «che il fatto cada sotto l’osservazione delle forze dell’ordine (non espressione di una antecedente iniziativa cautelativa della persona offesa) […] poiché tale osservazione non solo non avviene ad opera della persona offesa o di personale a lei riconducibili, ma neppure impedisce il conseguimento dell’autonomo possesso della res, prima dell’arresto in flagranza» (Sez. 5, n. 17715/2025, cit., che richiama Sez. 5, n. 4333 del 27/11/2024, dep. 2025, Toncic, non massimata; Sez. 5, n. 25084 del 17/05/2023, Bernardoni, non massimata; Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 – 01; Sez. 5, n. 26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266 – 01; e che si discosta da Sez. 5, n. 4868 del 25/11/2021, Botchorishvili, Rv. 282969).
Nel caso di specie non consta affatto che la polizia giudiziaria abbia agito su della persona offesa, avendo anzi la stessa difesa rappresentato – come in effetti esposto nella decisione di primo grado – che gli operanti hanno compiuto la propria attività istituzionale a seguito di un precedente furto in danno di altri (circa venti giorni prima).
Ragion per cui dal monitoraggio dei movimenti degli imputati sulla pubblica via e all’esterno dell’abitazione della persona offesa e il successivo intervento, che ha consentito di accertare la commissione del furto, non può conseguire la qualificazione del fatto come tentativo.
