Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 21292/2025, 7 marzo/6 giugno 2025, ha ritenuto che ai fini della prova della condotta di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, le plurime chiamate in correità possono fungere da reciproco riscontro, purché la loro convergenza valga a dimostrare non un generico “status” di appartenenza, bensì il contributo dinamico fornito dal soggetto al sodalizio.
Allorchè ricorra un delitto associativo, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231670; da ultimo Sez. U, n. 36958 del 27/5/2021, Modaffari, Rv. 281889).
Premesso che le convergenti chiamate in correità possono fungere da reciproco riscontro, deve precisarsi che, ove le dichiarazioni rese dai collaboranti siano del tutto generiche, limitandosi ad indicare la presunta appartenenza al sodalizio e non forniscano alcuna specificazione concreta in ordine alle condotte materialmente poste in essere dal partecipe, la verifica della loro rilevanza probatoria e l’acquisizione di riscontri esterni deve essere rigorosa.
La convergenza delle chiamate non può, infatti, superare il deficit di accertamento in merito al contributo causale fornito dal soggetto accusato di essere partecipe dell’associazione.
In quest’ottica deve essere valorizzato il principio di diritto sopra richiamato, secondo cui la prova della partecipazione al sodalizio non può limitarsi alla dimostrazione di uno status di appartenenza, occorrendo la dimostrazione di un ruolo dinamico e funzionale.
